1193: il Regno di Isabella ed Enrico
(pagina 1 di 2)

1193: la morte di Saladino

Dopo la tregua con Riccardo cuor di leone Saladino si era ritirato a Damasco, ma non poté godere della sua gloria per più di un anno. Prima di morire, ordinò ad uno dei suoi Emiri di portare il suo drappo mortuario per le strade di Damasco, ripetendo ad alta voce: “Questo è ciò che Saladino, conquistatore d'Oriente, porta con sé delle sue conquiste”.


tomba di Saladino nella moschea di Damasco

Negli ultimi giorni della sua vita Saladino aveva volto il suo pensiero verso nuove conquiste, indirizzando le sue attenzioni verso l'Asia Minore, l'Impero Bizantino e forse anche verso Occidente, del quale aveva ripetutamente sconfitto gli eserciti il Siria.

Dopo la morte del Saladino, avvenuta il 4 Marzo 1193, accadde quello che quasi sempre accadeva nelle dinastie d'Oriente: nel suo regno pieno di tumulti e di confusione scaturì il regno della forza e del potere assoluto. Quando chiuse gli occhi, le passioni, a lungo represse dalla presenza del Sultano, scoppiarono con violenza.

Saladino, prima di morire, non aveva regolato la sua successione e questa mancanza di lungimiranza causò la rovina del suo Impero. Al-Aziz, uno dei suoi figli che governava l'Egitto, fu proclamato governatore del Cairo; az-Zahir, un altro dei suoi figli, occupò il Principato di Aleppo ed un terzo ebbe la sovranità di Damasco.

Safedino, fratello di Saladino, fu riconosciuto come sovrano di una parte della Mesopotamia e di alcune città limitrofe del fiume Eufrate. I principali Emiri e tutti i Principi della famiglia Ayyubide, si impadronirono delle città e province delle quali avevano già il governo.

Al-Afdal, figlio primogenito di Saladino, fu proclamato sultano di Damasco ed essendo Signore della Siria, Principe di Gerusalemme e della Palestina, sembrava aver conservato qualcosa della potenza paterna, ma tutto cadde nel disordine e nella confusione.

Gli Emiri, vecchi compagni delle vittorie di Saladino, sopportavano con difficoltà l'autorità del giovane Sultano. Molti si rifiutarono di prestare il giuramento di obbedienza scritto dal Cadì di Damasco, mentre gli altri che giurarono, lo fecero a condizione di mantenere le loro roccaforti, o di averne delle nuove.

Al-Afdal, lungi dall'applicarsi per sottomettere i suoi Emiri più turbolenti, dimenticò i doveri del trono, eccedendo nella dissolutezza e, non volendo rinunciare ai suoi piaceri, lasciò la cura del suo impero ad un Visir che lo rese odioso ai musulmani.

L'esercito chiese che il Visir fosse rimosso, accusandolo di aver usurpato l'autorità del Principe, ma il Visir offrì ad al-Afdal la sottomissione degli Emiri ribelli.

Il Sultano oramai vedeva solo attraverso gli occhi del suo ministro e, infastidito dalle denunce di un esercito di scontenti, licenziò dal suo servizio un gran numero di soldati ed Emiri, i quali corsero tutti dai Principi vicini lamentandosi dell'ingratitudine di al-Afdal ed accusandolo di dimenticare, con l'ozio e la dissipazione, la santa legge del Profeta e la gloria del Saladino.

1196: la guerra degli Ayyubidi

Gli Emiri che si erano ritirati in Egitto esortarono al-Aziz a prendere le armi contro suo fratello. Il governatore del Cairo ascoltò i loro discorsi e, con il pretesto di vendicare la memoria del padre e la sua fama, concepì il progetto di catturare Damasco. Raccolse tutte le sue forze e partì per la Siria alla testa di un esercito.


Guerrieri Ayyubidi

Con l'avvicinarsi del pericolo, al-Afdal invocò l'aiuto dei Principi che governavano Hamah e Aleppo. Ben presto si giunse ad una formidabile guerra in cui era coinvolta tutta la famiglia Ayyubide.

Al-Aziz pose sotto assedio la città di Damasco; la speranza di una facile conquista e la convinzione di combattere per la giustizia animavano i suoi Emiri, ma quando si resero conto che in un primo momento stavano ottenendo poco successo e la vittoria si allontanava ogni giorno di più, questa guerra cominciò a sembrare loro ingiusta.

Gli Emiri iniziarono a lamentarsi per poi rivoltarsi contro al-Aziz, tanto che lo abbandonarono ed andarono a ricongiungersi con le truppe siriane. Il governatore del Cairo alla fine fu vergognosamente costretto a levare l'assedio e tornare in Egitto. Il Sultano di Damasco e suo zio Safedino inseguirono al-Aziz nel deserto, con l'intenzione di attaccarlo nella sua capitale.

Alla fine al-Afdal raggiunse l'Egitto con il suo esercito portando il terrore lungo le sponde del Nilo. Al-Aziz sarebbe stato deposto e l'Egitto conquistato dai siriani, se Safedino non si fosse opposto ed avesse consigliato al vincitore di rappacificarsi con suo fratello, portando la pace nella famiglia degli Ayyubidi.

I Principi e gli Emiri rispettavano l'esperienza di Safedino ed accettarono che arbitrasse le loro controversie. I guerrieri della Siria e dell'Egitto, abituati a vederlo nei campi di battaglia, lo consideravano il loro capo, lo seguivano con gioia nei combattimenti ed invocavano il suo nome nel momento del pericolo.

Ma per Safedino era importante per che l'Impero creato da Saladino non fosse detenuto da un unico Principe; sapeva che la pace che aveva aiutato a concludere non poteva essere di lunga durata e che la discordia, sempre pronta a scoppiare tra i suoi nipoti, gli avrebbe presto offerto l'opportunità di cogliere per sé il vasto patrimonio di Saladino.

Intanto al-Afdal, spaventato dal pericolo che aveva corso, decise di cambiare la sua condotta. Fino a quel momento aveva scandalizzato i fedeli musulmani eccedendo col vino. Al suo ritorno dall'Egitto si mostrò più docile agli insegnamenti religiosi, sino a passare da un estremo all'altro: era costantemente in preghiera o occupato nelle più minute pratiche dell'Islam, iniziando persino a copiare di sua mano il Corano; così che ora con la sua estrema devozione, come prima con la sua vita immorale e sfrenata, al-Afdal rimase sempre estraneo alla cura dell'Impero, affidandolo senza riserve allo stesso Visir che gli aveva fatto rischiare di perderlo.

Allora nuove lagnanze sortirono da tutte le parti contro di lui, mentre coloro che lo avevano fino ad allora lodato, rimasero in silenzio. Allora Al-Aziz ritenne che l'occasione era favorevole per prendere nuovamente le armi contro suo fratello.


LA STORIA DELLE CROCIATE LE CROCIATE DEL NORD LA STORIA DELLA RECONQUISTA
I CAVALIERI DEL SANTO SEPOLCRO I CAVALIERI DI SAN LAZZARO I CAVALIERI OSPITALIERI
I CAVALIERI TEMPLARI I CAVALIERI TEUTONICI I CAVALIERI DI SAN TOMMASO I MONACI CISTERCENSI
I CAVALIERI PORTASPADA I FRATELLI DI DOBRZYN L'ORDINE DI SANTIAGO L'ORDINE DI CALATRAVA
L'ORDINE DI ALCANTARA L'ORDINE DI MONTESA L'ORDINE DEL CRISTO L'ORDINE DI SAN BENEDETTO DI AVIS