1271: la Crociata del Principe Edoardo

La morte di Luigi IX aveva interrotto le spedizioni d'Oltremare. Solo il Principe Edoardo, figlio del Re Enrico III d'Inghilterra, partì per la Siria, accompagnato da suo fratello Edmondo il Gobbo e dal Duca Giovanni I di Bretagna, con 300 uomini a cavallo e 500 Crociati della Frisia.

Tutte queste genti formavano appena un esercito di 1.000 o 1.200 combattenti; questo era tutto ciò che doveva giungere in Asia. Un così debole rinforzo non poteva ispirare fiducia nei cristiani della Palestina, ancora affranti per la partenza dei Crociati da Tunisi e per il loro rientro in Europa.


il Principe Edoardo

Quasi tutti gli Stati Cristiani della Siria, per timore di essere assaliti, avevano concluso delle tregue col Sultano del Cairo. Molti esitavano ad impegnarsi in una guerra nella quale i deboli soccorsi dell'Europa non permettevano di trarne vantaggio ed anzi temevano di essere abbandonati dai Crociati, sempre pronti a ritornare in Occidente. Malgrado tutto, gli Ospitalieri ed i Templari, che non perdevano mai l'occasione per combattere i musulmani, si unirono al Principe Edoardo.

Baibars, che in quel momento stava devastando il territorio di San Giovanni d'Acri, si allontanò da quella città e per un momento sembrò che volesse sospendere l'esecuzione dei suoi progetti.

Il piccolo esercito dei cristiani, composto da circa 7.000 uomini, si inoltrò nel territorio dei musulmani e si diresse verso la Fenicia per ristabilire la comunicazione interrotta fra le città cristiane.

In questa spedizione i Crociati soffrirono molto per il caldo eccessivo e non pochi morirono dopo aver mangiato degli strani frutti che il paese produceva abbondantemente.

Poi i Crociati si mossero verso la città di Nazaret, sulle mura della quale piantarono lo stendardo di Gesù Cristo. I Crociati, non potendo dimenticare che Baibars aveva fatto spianare la chiesa di quella città consacrata alla Vergine Madre, la saccheggiarono e trucidarono i musulmani che vi trovarono dentro.

Dopo questa vittoria dei Crociati, i musulmani ricominciarono le loro incursioni sul territorio dei cristiani, ma il principe Edoardo ritornò improvvisamente a San Giovanni d'Acri e non cercò più nuovi pericoli sul campo di battaglia.

L'Emiro di Giaffa teneva con lui frequenti relazioni e, per tenersi in contatto, aveva scelto come messaggero uno dei discepoli del Vecchio della Montagna.


Edoardo atterra l'assassino e lo ammazza
(incisione di G. Dorè)

Un giorno che Edoardo era solo nella sua camera e che riposava, si presentò il messaggero, si avventò sul Principe col pugnale in mano e lo ferì al braccio; ma Edoardo, che era dotato di una forza straordinaria, con un calcio atterrò l'assassino, gli tolse il pugnale e lo ammazzò.

La gente accorse al rumore e vide il musulmano che giaceva morto in terra. Edoardo, già ferito al braccio, nel difendersi si era fatto da solo una seconda ferita alla fronte e temeva che il pugnale fosse avvelenato.

Alcuni storici riferiscono che la Principessa Eleonora di Castiglia, moglie di Edoardo, avesse avuto il coraggio di succhiare il sangue dalle ferite del marito per estrarne il veleno; altri raccontano che Thomas Beraud, Gran Maestro dei Templari, mandò subito dal Principe Edoardo un rimedio la cui efficacia era conosciuta in Oriente.

Nonostante tutte queste cure, il Principe peggiorò e si temeva per la sua vita. Allora si presentò un medico inglese che prometteva la guarigione del Principe, se Edoardo avesse allontanato da se tutti i cortigiani e la stessa Principessa Eleonora e se avesse osservato esattamente il regime che gli avrebbe prescritto. I consigli del medico furono seguiti e il Principe inglese, una volta guarito, si mostrò a cavallo in mezzo ai suoi compagni d'arme.

Dopo aver corso un così grave pericolo, Edoardo non esitò ad accettare una tregua che gli era stata proposta dal Sultano di Egitto. Senza avere operato nessuna cosa importante per la causa che aveva giurato di difendere, ritornò in Europa, dove ebbe notizia della morte di suo padre il Re Enrico III, il quale non aveva potuto vederlo nella sua ultima ora, né dargli la sua benedizione


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