dal 756 al 757


756: L'Emiro Abderramán I

Abderramán I (Abderramán ibn Muawiyya ibn Hisam ibn Abd al Malik ibn Marwan al Dajil) fu il fondatore e primo Emiro omayyade dell'Emirato indipendente di Cordova.

Nipote Hisam ibn Abd al Malik, il Califfo Omayyade di Damasco che regnò dal 724 al 745 e sua madre era una schiava berbera del Marocco. Questo collegamento con il Marocco ci spiega in larga misura perché fuggì verso ovest, dove inizialmente cercò di farsi un dominio personale.


l'Emiro Abderramán I

Quando l'Abbaside Marwan II il 7 luglio 1750 uccise suo zio, il Califfo Omayyade Hisam ibn Abd al Malik, Abderramán era appena ventenne. Gli Abbasidi, desiderosi di elimiare qualsiasi pretentente al trono degli Omayyadi, proclamarono una falsa amnistia per i membri della ex famiglia regnante; ma l'amnistia fu violata, con l'uccisione di Abu Futres e di altro 80 Omayyadi. Riuscirono a fuggire solo i nipoti del Califfo che non avevano creduto nell'amnistia.

Il giovane Abderramán, le sue due sorelle, Umm al Asbag e Amar al Rahman, suo figlio Sulayman di soli quattro anni, e alcuni dei suoi liberti, tra cui Badr e Salim Abu Suya, fuggirono verso l'Eufratee poi raggiunsero l'Egitto, dove le sue sorelle si stabilirono definitivamente.

Il principe Abderramán continuò la sua fuga verso ovest, con suo figlio e i suoi liberti più fedeli, si rifugiò in Cirenaica e da lì andò in Ifriqiya (attuale Tunisia), pensando di essere ricevuto favorevolmente a Qayrawan dal governatore del territorio, Abderramán Ibn Habib al Fihri, parente stretto di Yusuf ibn Abderramán al Fihri, Wali di Al Andalus.


statua di Abderramán I
nella città di Almuñécar

Sospettoso delle ambizioni di potere del giovane principe Omayyade, Abderramán Ibn Habib al Fihri cercò di sbarazzarsi dei fuggiaschi, e consigliò loro di cercare rifugio tra i Banu Mugit, liberti del defunto Califfo Abd al Malik ibn Marwan. Il principe Abderramán, sentendosi insicuro, preferì attraversare il territorio dei berberi Miknasa. Arrivato nei pressi di Bara tra grandi difficoltà, venne soccorso dalla moglie di Abu Qurra Wansus al Barbari, ottenendo rifugio a Sabra, tra i berberi della tribù Nafzam, la tribù di sua madre, dove ottenne aiuto e denaro.

Vedendo l'impossibilità di farsi un proprio regno in Ifriqiya e nel Maghreb estremo, il principe Abderramán valutò la possibilità di trasferirsi in Al Andalus. Ma, prima di intraprendere il viaggio, il suo liberto Salim Abu Suya lo lasciò per ritornare in Siria, e questo dispiacque molto ad Abderramán, visto che Salim Abu Suya conosceva bene Al Andalus per esserci stato con Musa ibn Nusayr e successivamente e aveva partecipato alle campagne di conquista.

Muovendosi verso il territorio di Zanata, il principe Abderramán riposò a Mugila, sulle rive del Mediterraneo. Qui ordinò al suo liberto Badr, che era diventato il suo braccio destro, di essere messo in contatto con gli Omayyadi residenti in Al Andalus.


vita quotidiana in Al Andalus

Badr andò in Al Andalus e si incontrò con i siriani dello Yund (concessione territoriale alla gente d'arme soggetta al servizio militare), che rappresentava una forza di 500 uomini d'armi, i quali, coscienti dei loro doveri di sostenitori del principe Abderramán, decisero di dare il loro appoggio a Sumayl ibn Hatim al Kilabi, apparentemente consigliere del Wali Yusuf ibn Abderramán Al-Fihri, ma in realtà l'uomo forte di Al Andalus e capo della Frontiera Superiore con sede a Saragozza, dove si stavano ammassando i rivoltosi yemeniti e i berberi del nord-ovest della penisola.

Sumayl ibn Hatim al Kilabi, una volta salvata la situazione con l'aiuto di Badr, promise aiuto a Abderramán, ma comprendendo che sarebbe stata la fine delle “libertà tribale” non tardò a ripensarci dicendo: “Mi sembra che Abderramán appartiene a una famiglia tale che, se qualcuno dei suoi membri entra nella penisola, noi altri, come voi alri, annegheremo nella sua orina”.

Badr e gli Omayyadi residenti in Al Andalus, favorevoli alla causa di Abderramán, cercarono l'appoggio dei kalbíes, che accettarono di dare il loro sostegno. Così il principe Abderramán, nel settembre del 755, sbarcò a Almuñécar. La su odissea era durata circa cinque anni.


vita quotidiana di Al Andalus

Il Wali di Al Andalus, Yusuf ibn Abderramán Al Fihri, sapendo che una forza armata di 300 uomini proteggeva il principe Abderramán, per neutralizzarlo gli offrì in sposa sua figlia e gli concesse il governo di Ilbira e di Reyno (Granada e Malaga). Tuttavia il principe Abderramán, che era sostenuto dagli arabi kalbies, non accettò.

Vale la pena notare che per Abderramán l'appoggio degli arabi qaysies non era molto importante, perché già poteva contare su una forza di 2.000 uomini, per non parlare di alcuni clan berberi, che già lo avevano proclamato Emiro di Al Andalus.

Riconosciuto dai notabili di Siviglia, il nuovo Emiro di Al Andalus fece il suo ingresso in città, dove ricevette il giuramento di fedeltà di tutta la popolazione. Rimase lì, raccogliendo le truppe provenienti da Algarve e da altre provicie, accogliendo tutti coloro che aderivano alla sua causa. Quando si sent' sufficientemente forte, andò a Cordova con un esercito di 3.000 cavalieri, tra i quali c'erano i più notevoli capi e notabili arabi.

Il 14 maggio 756, dopo un confronto con le forze del Wali Yusuf ibn Abderramán Al Fihri e di Sumayl ibn Hatim al Kilabi, l'Emiro Abderramán I entrò rapidamente nella capitale per evitare saccheggi e portare dalla sua parte la popolazione, dimostrando allo stesso tempo c che non era un invasore, ma il legittimo sovrano e fondatore di un nuovo regime.

Poi fu riconosciuto dalla gente di Cordova come Emiro, prendendo possesso di “dar al imara” (la casa del comando) tre giorni più tardi, dando quindi quindi tenpo ai parenti del Wali Yusuf ibn Abderramán Al Fihri di andare via; un altro esempio del suo fine senso politico. La sconfitta dei qaysíes a Musara si concluse senza roblemi; ma non aveva ancora finito né con Yusuf ibn Abderramán Al Fihri né con Sumayl ibn Hatim al Kilabi che si erano rifugiati uno a Toledo e l'altro a Jaen.

Nel frattempo l'Emiro Abderramán I, approfittando delle rivalità dei musulmani di Al-Andalus, affermava il suo potere. Finalmente si raggiunse la cessazione delle ostilità da entramble parti. Venne firmato un patto secondo il quale i suoi rivali consegnavano all'Emiro il controllo di Al Andalus e lui assicurò loro il godimento delle loro proprietà, ma erano costretti a vivere a Cordova. Yusuf ibn Abderramán Al Fihri, che consegnò come ostaggi due dei suoi figli che andavano in una dorata prigionia nell'Alcázar di Cordova, doveva anche presentarsi ogni giorno al'Emiro. Sumayl ibn Hatim al Kilabi, invece avrebbe vissuto nella sua casa nel sobborgo di Cordova. L'accordo fu firmato il 5 luglio de 756. Da allora l'Emiro Abderramán I inaugurò un regno che durerà più di 32 anni.

L'Emiro Abderramán I iniziò con l'organizzazione di Al Andalus strutturando l'amministrazione e dell'esercito secondo il modello dell'antico Califfato di Damasco. Al Andalus cessa di essere una lontana provincia di un impero per diventare un Emirato indipendente. E non era un semplice Wali, ma un Emiro con l'obiettivo di fondare una nuova dinastia, che in qualche modo era la continuazione di quello di Damasco. Il suo successo nell'assolvere il suo piano, fece una grande impressione in Oriente, tanto che il Califfo abbaside Abu Jafar Al Mansur, fondatore di Baghdad, diede ad Abderramán I il nome di “saqr Quràysh” (sacro dei Quràysh).

Infatti, l'Emiro Abderramán I seppe implementare le misure politiche, fiscali, amministrative, istituzionali e militari di Al Andalus in circostanze difficili, fondando i pilastri di quello che sarà per secoli il sistema di Al Andalus. Abderramán I intensificò l'arabizzazione di Al Andalus, incoraggiando l'immigrazione degli Omayyadi, ai quali affidò i principali incarichi dell'amministrazione civile e militare di Al-Andalus.


la scelta della favorita (dipinto di Giulio Rosati)

La ristrutturazione fiscale, giudiziaria e dell'esercito consentì l'ulteriore evoluzione dello stato di Cordova, mentre i suoi edifici costituirono il modello seguito per secoli nel Maghreb. Logicamente tutti questa organizzazione portò a una maggiore pressione fiscale che colpito in modo diverso i musulmani e i protetti (cristiani, mozarabi ed ebrei) che diede luogo a numerose rivolte di arabi, berberi, neoconvertiti, ecc.