dal 795 al 798


795: La Battaglia del fiume Quirós

Nel 795 l'Emiro Hakam I, che voleva vendicare la sconfitta nella battaglia di Los Lodos e la morte del generale Abd al Malik, inviò contro il Regno delle Asturie 10.000 cavalieri guidati dal generale Abd al Karim, fratello di Abd al Malik.


il Re Alfonso II delle Asturie

L'Emiro organizzò anche un altro esercito di diversione contro la Galizia, al fine di evitare la concentrazione nelle Asturie delle forze galiziane nemiche. Questo esercito entrò in Galizia e devastò la regione, ma poi dovette si scontrò con i galiziani e fu sconfitto. Nel combattimento i musulmani subirono pesanti perdite e furono in pochi quelli che riuscirono a fuggire.

Abd al Karim invece riuscì ad ottenere un successo senza precedenti. Dopo aver raggiunto Astorga, mandò avanti la sua avanguardia formata da 4.000 cavalieri guidati da Farach ibn Qinana. Il giovane Re Alfonso II ebbe il coraggio di dare battaglia ma, il 18 settembre 795, fu sconfitto dai musulmani, i quali proseguirono la marcia entrando nella valle del fiume Quirós. Alfonso II inviò 3.000 cavalieri con il compito di arrestare la marcia dei musulmani. Alla confluenza del fiume Quirós con il fiume Pielgo, nonostante la ristrettezza del luogo, i cristiani furono nuovamente sconfitti.

Il sacrificio della cavalleria cristiana non fu inutile, perchè permise al Re Alfonso II di ritirarsi in tempo e rifugiarsi a Oviedo. Il giorno dopo Abd al Karim mandò Farach ibn Qinana a tentare un attacco alla città, ma Alfonso II aveva già abbandonato Oviedo, prima che i musulmani entrassero nella città per cercare di catturarlo.

Alla fine Abd al Karim decise di lasciare Asturie senza essere riuscito nel suo obiettivo finale: la distruzione del Regno e la catturaa del Re. Un nuovo tentativo di Abd al Karim nell'anno successivo, non ebbe risultati migliori. Comunque, nonostante avesse subito il saccheggio di Oviedo, il Re Alfonso II riprese la Reconquista e, approfittando delle lotte interne nell'Emirato di Cordova, condusse le sue armate nella vittoriosa campagna di Lisbona, città che attaccò e saccheggiò.


796: L'Emiro Al Hakam I

L'Emiro Hisam I morì a Cordova il 22 aprile 796, dopo sette anni e mezzo di regno. Egli aveva designato come successore suo figlio Al Hakam che, come era accaduto nel suo caso, non era il figlio maggiore.

Il breve regno dell'Emiro Hisam I non aveva portato alcun cambiamento nell'evoluzione degli eventi di Al Andalus: i problemi che aveva ereditato alla morte di Abderramán I erano rimasti ancora irrisolti. Hisam I è considerato unanimemente come un sovrano misurato e di profonda religiosità. Sotto il suo mandato si concluse la prima fase della costruzione moschea di Cordova e vennero fatte numerose opere pubbliche, come la ricostruzione del ponte sul Guadalquivir a Cordova.

Figlio e successore di Hisham I, l'Emiro Al Hakam I era un arabo di razza pura, che aveva le qualità dei suoi antenati che avevano vagato attraverso i deserti della Siria.


particolare della decorazione della Moschea di Cordova

La storia del lungo regno l'Emiro Al Hakam I è costellata di tutti i tipi di ribellioni. Cominciò con una rivolta di origine dinastica promossa, non dal suo fratello maggiore Al Malik, ma dai suoi zii Sulayman e Abdallah, ostinati nel loro tentativo di ottenere il trono di Cordova; il primo fu sconfitto e ucciso, mentre il secondo, dopo aver intrigato con il regime di Saragozza, andò ad Aquisgrana per cercare sostegno di Carlo Magno, e si ritirò come governatore di Valencia. Queste rivolte interne consentirono ai Regni cristiani del nord 25 anni di pace.

Il confine di nord-est, vista la sua lontananza di Cordova e la relativa vicinanza con i Regni cristiani, rese facile la formazione di Stati indipendenti. I nobili berberi sparpagliati nella valle del fiume Ebro e le famiglie di arabi che avevano ricevuto la terra nella regione, si misero ad agire per conto proprio, senza contare i funzionari dell'Emiro.


Amrús ibn Yusuf sottomette i Banu Qasi

A poco a poco, questi nuclei autonomi affluirono attorno alla potente famiglia dei Banu Qasi, discendenti di un nobile visigoto che aveva abbracciato la causa degli invasori e che aveva fatto un viaggio a Damasco per sottomettersi al Califfo e abbracciare la fede dell'Islam.

Però fu un agitatore denominato Bahlul ibn Marzuq, che proclamò l'indipendenza di Saragozza e il defunto Emiro Hisam I aveva fallito nel tentativo di espellerlo. Poi l'Emiro Al Hakam I inviò il più fedele e abile dei suoi ufficiali, Amrús ibn Yusuf, che sottomise i Banu Qasi, ai quali confiscò le proprietà, e bandì Bahlul ibn Marzuq da Huesca, che poi fu ucciso.

L'anno seguente l'avvento del nuovo Emiro, la sempre ribelle città di Toledo, fu affidata al controllo di Amrús ibn Yusuf. La ribellione fu sedata: Amrús ibn Yusuf stesso liquidò i Muladi ribelli attraverso uno stratagemma usato spesso dai principi arabi.

Infatti invitò i ribelli nella sua residenza perché formassero un trattato di pace, ma, come arrivarono, li fece uccidere e fece gettare i loro corpi in una fossa; questa operazione prese il nome di “giornata del fossato”. Questa lezione impressionò i suoi sudditi. Il numero di coloro che morirono era enorme e Toledo rimase per alcuni anni in un silenzio di morte, che ben presto si trasformò in una ribellione durata dall'811 all'818.

Anche a Mérida ci fu una ribellione che durò sette anni. La città si arrese e si consegnò volontariamente all'Emiro nell'813, per poi ribellarsi nuovamente quattro anni più tardi.


l'alfaquí Yahya e gli studenti
dell'Arrabal di Cordova

Un altro episodio durante il Regno di Al Hakam I fu la ribellione dell'Arrabal (sobborgo) di Cordova. La crescita frettolosa di Cordova causò, sulla riva sinistra del fiume Guadalquivir, la nascita di un vasto sobborgo, zona preferita da docenti e studenti. La gente si lamentava della eccessiva tassazione e della tremenda repressione che era stata attivata da un complotto ordito contro l'Emiro, il quale aveva fatto crocifiggere 72 importanti cittadini, tra cui alcuni famosi “alfaquí” (esperto di fiqh cioè di giurisprudenza islamica). Gli alfaquí, con argomenti sociali e religiosi, denunciarono l'arroganza della guardia di palazzo, composta prevalente da “muti” (mercenari che non conoscevano la lingua parlata a Cordova) che disprezzavano la gente comune.

Le rappresaglie furono tremende: l'Emiro comandò di decapitare ttutti gli alfaquí che erano prigionieri, e ordinò a suo cugino di incendiare l'Arrabal del sud, dopodiché i ribelli fuggiaschi, tornati in soccorso delle loro famiglie nell'Arrabal, vennero terribilmente trucidati dagli inesorabili “muti”.

Quindi, l'8 maggio dell'814, la popolazione dell'Arrabal a sud di Cordova si ribellò, incitata dall'alfaquí Yahya. L'Emiro direttamente venne attaccato nel suo palazzo: il pericolo era grave e Al Hakam si preparò alla morte. Il suo sangue freddo e l'intervento di suo cugino Obaydalah salvò lui e la sua dinastia.


vita quotidiana in Al Andalus

L'alfaquí Yahya e i suoi compagni furono esiliati in lontane province, mentre il resto dei ribelli (15.000 famiglie) che erano riusciti a sopravvivere, furono espulsi da Al Andalus e, guidati da Abu Hafs al Balluti, e dopo un lungo pellegrinaggio, riuscirono a conquistare Creta ai bizantini (826) e stabilire un emirato indipendente che sopravvisse fino al 960; altre 8.000 famiglie si stabilirono a Fez.