dal 824 al 842


824: Iñigo Arista, Re di Pamplona


Iñigo Arista

Le tarde ricostruzioni ispanico-cristiane della fine del secolo XII, sulle oscure origini della monarchia di Pamplona, ci danno notizie succinte, estratte da una versione già viziata della “Genealogia di Roda”, raccolta alla fine del X secolo nel “Codice Rotense”.

In ogni caso, è noto con certezza che Iñigo Arista era il primo capo delle popolazioni cristiane che abitavano la regione corrispondente all'area di influenza di Pamplona, ossia il territorio corrispondente a circa la metà settentrionale dell'attuale Navarra.

I testi arabi distinguono Iñigo Arista con i titoli di Principe (amir), Conte (qumis) o Signore (sahib) delle terre di Pamplona. Altri testi arabi lo chiamano "Wannaqo ben Wannaqo", equivalente a Íñigo Íñiguez, ma in questo caso il nome può riferirsi alla stirpe e non precisamente ad Iñigo Arista.

In ogni caso Iñigo Arista era un aristocratico di Pamplona che capitolò alla dominazione araba nel bacino dell'Ebro e in cambio di un tributo annuale e l'impegno di lealtà politica verso Al Andalus, Pamplona pote mantenere le tradizioni religiose e culturali ed un proprio governo locale, divenendo una sorta di protettorato di Al Andalus.

A parte la breve occupazione di Pamplona da parte di Carlo Magno (778), la monarchia franca riuscì a dominare solo per un decennio (806-816) la Navarra dei Pirenei, organizzando una Contea simile a quella formata poco prima nell'area catalana degli stessi Pirenei.

L'immediata reazione armata dell'Emiro di Cordova ristabilì il precedente sistema di protettorato di Pamplona, espellendo l'effimero Conte di obbedienza franco-carolingia e sostituendolo con un membro della nobiltà locale fedele ai musulmani, forse già lo stesso Iñigo Arista.

Fu a causa di una insurrezione che l'Emiro Abderramán II personalmente si avventurò nelle terre di Pamplona (842-843), raggiungendo anche la recondita Peña de Qays, lungo il corso del fiume Arakil. Iñigo Arista fu quindi costretto a chiedere la pace e potè mantenere la sua signoria in cambio della restituzione dei prigionieri e l'impegno a pagare l'importo annuale di 700 dinari.


da sinistra: cavaliere ispanico musulmano, ufficiale arabo, fante berbero

Ma la pace concordata si rivelò molto breve, perché dopo un solo anno l'Emiro Abderramán II (843-844) dovette attaccare e battere in campo aperto le truppe alleate di Iñigo Arista e di Musa ibn Musa, fratello di sua madre. Iñigo Arista riuscì a fuggire a cavallo, ferito, insieme a suo figlio Galindo Iñiguez, ma sul campo di battaglia morirono suo fratello Fortún e più di un centinaio di suoi cavalieri.

Della rapida successione di rivolte nelle quali fu coinvolto Íñigo Arista, con almeno altre tre incursioni dei musulmani nei domini di Pamplona, de trasse vantaggio Musa ibn Musa, protagonista di una politica opportunamente cangiante che lo portò ad essere confermato come Wali di Arnedo (La Rioja).


826: Abderramán II e le rivolte dei berberi

La Marca Inferiore era un'area di confine di Al Andalus. La sua popolazione era principalmente rurale, con importanti insediamenti berberi che coesistevano con Muladi e gruppi cristiani. La presenza degli Omayyadi in quest'area era quasi assente, e questo consentì alcune incursioni degli eserciti cristiani del Regno delle Asturie.


soldati dell'Emirato di Cordova

I ribelli in questa zona non sono né i membri delle dinastie nobili, né abitanti di città importanti come la Toledo; quasi sempre erano avventurieri o banditi che vivevano di estorsioni o che si mettevano al servizio del Re delle Asturie di turno.

Nell'826 nella regione avvennero i primi scontri, quando un gruppo di berberi ribelli attaccò e sconfisse una pattuglia inviata dall'Emiro. Con il passare dei mesi la situazione peggiorò, poiché altri gruppi di berberi attaccarono incessantemente l'esercito dell'emiro. Nonostante queste disfatte, l'Emiro non rinunciò a voler porre fine allle ribellioni, e ordinatò ai suoi governatori di mettere in atto una lotta senza tregua.


il Re Alfonso II delle Asturie

Mahmud, capo dei ribelli berberi, trovò riparo presso il Re Alfonso II delle Asturie, il quale gli affidò una fortezza nei pressi di Oporto. Mahmud visse per qualche tempo nella fortezza, fino a che, desideroso di tornare in patria, il ribelle stipulò un accordo segreto con l'Emiro, che accettò di perdonarlo. Però le trattative tra Mahmud e l'Emiro non furono sufficientemente discrete e il Re delle Asturie decise di andare al castello di Mahmud per punirlo assieme ai berberi che erano con lui.

Fedeli alla loro condotta di vita, i berberi resistettero valorosamente, ma quello che non riuscì a fare il Re delle Asturie lo fece il destino: cercando una fuga, Mahmud montò sul suo cavallo, ma questo si imbizzarrì e sbalzò di sella il cavaliere, che cadde e morì sul posto. I suoi seguaci, tranne alcuni che riuscirono a fuggire, o vennero uccisi o fatti prigionieri; tra questi c'era Yamila, sorella di Mahmud, famosa per la sua bellezza e per il suo valore, che cadde nelle mani di un nobile cristiano che la convertì alla sua religione e la sposò. Tra i bambini nati da questo matrimonio uno divenne Vescovo di Santiago.


826: il Conte Bernardo di Settimania

Bernardo di Settimania, si era appena insediato, quando una parte della nobiltà della Contea di Barcellona, ancora fedele a Berà, si ribellò e, con l'aiuto dei mussulmani della zona, riuscì ad occupare parte della Contea, senza che l'Imperatore intervenisse in suo aiuto. L'altra parte della nobiltà, schierata con Bernardo di Settimania, riuscì a contenere la ribellione.


Carlo il Calvo

Allora Aissó, il capo dei ribelli, chiese aiuto all'Emiro Al Hakam, che inviò un contingente, che, nel maggio 827, marciò su Barcellona, a cui pose l'assedio. Fu allora che l'Imperatore Ludovico il Pio ordinò a suo figlio il Re Pipino I di Aquitania di allestire un esercito per portare aiuto a Bernardo di Settimania. Ma prima che l'esercito Franco si muovesse, i Mori erano già stati respinti fuori dalla Contea di Barcellona.

Nell'828, Bernardo sventò un nuovo attacco dei Mori contrapponendogli un esercito in armi. Nell'829, Bernardo, insignito del titolo di ciambellano e ricevuto il feudo della Marca di Spagna, fu chiamato a Corte al servizio di Carlo il Calvo, figlio minore di Ludovico il Pio. per cui lasciò i suoi feudi nelle mani del fratello maggiore, Gocelone, denominato per questo "Marchese di Gotia".

Nell'831, dopo il suo ritorno a Barcellona, Bernardo di Settimania appoggiò il Re Pipino I di Aquitania a ribellarsi a suo padre l'Imperatore Ludovico il Pio, ma nell'832 fu sconfitto e, mentre Pipino fu imprigionato, Bernardo Settimania fu spogliato di tutti i suoi possedimenti, che furono concessi al Conte di Tolosa Berengario il Saggio.

Nell'834 il Re Pipino I di Aquitania e Bernardo di Settimania si schierarono con l'Imperatore Ludovico il Pio contro suo figlio Lotario I, il quale, all'assedio di Chalon-sur-Saône, fu sconfitto. Bernardo di Settimania, per la vittoria riportata, chiese di essere reintegrato nei suoi titoli ma, ovviamente Berengario il Saggio si oppose.

Per risolvere la questione, nell'835, l'Imperatore convocò a Lione sia Berengario il Saggio che Bernardo di Settimania; ma durante il trasferimento, Berengario il Saggio morì per cui Bernardo di Settimania rientrò in possesso di tutti i suoi domini a cui si aggiunse la Contea di Tolosa.

Nell'842 Carlo il Calvo, che era stato nominato Re dei Franchi Occidentali, decise di destituire Bernardo di Settimania; Bernardo allora appoggiò il nuovo Re Pipino II di Aquitania nella sua ribellione contro Carlo il Calvo. Questa si concluse nell'843 con il trattato di Verdun 843, che assegnava l'Aquitania, Tolosa e la Settimania, inclusa la contea di Barcellona, a Carlo il Calvo. Quest'ultimo nell'844 assediò di Tolosa riuscendo a catturare Bernardo di Settimania che venne condannato ad essere decapitato per tradimento.