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dal 929 al 931


929: nascita del Califfato di Al Andalus

Il Califfato di Baghdad, simbolo di unità dei musulmani, aveva sofferto la sua massima decadenza al tempo degli Abbasidi, che non dominavano le città sante dell'Islam. Questa unità si ruppe nel momento che si davano il titolo di Califfi gli Sciiti di Qayrawan, rivali degli Omayyadi di Al Andalus.

Nel 929, Abderramán III decise di proclamarsi Califfo. Così che scrisse in una lettera inviata ai suoi governatori: “mi sembra opportuno, da ora in poi, farci chiamare “Principe dei Credenti” e così firmeremo tutte le scritture che emaneremo”. Allo stesso tempo, Abderramán III aggiunse al suo nome l'appellativo di “Al Nasir li din Allah” (colui che che presta il suo aiuto alla religione di Dio) ed si considerò l'erede legittimo al Califfato dei marwaníes che si erano stabiliti nella penisola iberica.

Il titolo di Califfo consolidò non solo l'unità interna, ma diede più autorità al principe per predicare l'imminente guerra santa contro i cristiani e favoriva i tentativi di espansione in Nord Africa iniziata da Abderramán II.

Come conseguenza di questa decisione, il nome di Abderramán III doveva essere richiamato nei minareti di tutte le moschee della penisola iberica e di molti dell'Africa, e il Califfo diventava un personaggio lontano e misterioso che poteva essere intravisto solo occasionalmente, quando appariva in un abbagliante corteo per ricevere gli applausi del popolo. L'etichetta di Corte, ispirata a quella di Baghdad, che a sua volta copiava le formule della Persia sasanide e dell'Impero bizantino, divento sempre più complessa e tendeva a circondare il Califfo di un'aura semidivina.

Le piccole taifas subivano la potenza innegabile che si trovava a Cordova. Nello stesso anno 929 si consegnarono Beja e Silves, l'ultimo dei Banu Marwan consegnò Badajoz. Rimaneva nella ribellione Toledo che rimaneva indipendente sotto la protezione dei Banu Qasi d'Aragona o del Re delle Asturie.


930: espansione del Califfato

Le piccole taifas subivano la potenza innegabile che si trovava a Cordova. Nello stesso anno 929 si consegnarono Beja e Silves, l'ultimo dei Banu Marwan consegnò Badajoz. Rimaneva nella ribellione Toledo che rimaneva indipendente sotto la protezione dei Banu Qasi d'Aragona o del Re delle Asturie.

Nella primavera del 930, il Califfo inviò un esercito sotto il comando del Visir Al Mundhir e ordinò di fortificare le alture che circondavano Toledo. I toledani resistettero per due anni, ma poi il Califfo entrò a Toledo il 2 agosto 932 dove celebrò la resa della città. Con le taifas del confine settentrionale, il comportamento fu diverso. Erano troppo distanti per una sottomissione completa e i governanti musulmani di quelle Marche di confine giocavano un ruolo importante per il contenimento dei cristiani dei Pirenei.

Il Califfo stabilì una sorta di regime feudale, in cui i grandi vassalli (tuyíbies di Zaragoza, i Beni Qasi di Tudela, i successori di Muhammad a Tawit in Huesca, i Beni Zenum a Santaver) pagavano un tributo e, quando erano richiesti, servivano negli eserciti Califali. Questo dominio totale su Al Andalus gli permise di disporre di tutte le loro risorse, essenziali per mantenere la guerra santa contro l'audacia crescente del signori della guerra cristiani del nord.

Nel 937 annullò l'alleanza tra la Signoria di Abu Yahya, discendente di tuyíbies, e il Re Alfonso III delle Asturie.

L'esercito del Califfo assediò la fortezza di Calatayud, difesa da una guarnigione rinforzata con soldati di Alava del Re Ramiro II di León. La fortezza si arrese e il Califfo fece uccidere tutti i cristiani. Anche Saragoza si arrese e il Califfo, sempre tollerante con i musulmani, graziò Abu Yahya.

Abderramán III nel 939 preparò una spedizione che doveva essere la "Campagna del Potere Supremo", per sottomettere definitivamente i cristiani del nord. La chiamata dei suoi vassalli gli permise di raccogliere 100.000 uomini. Davanti a Simanca lo aspettava il Re Ramiro II di León con i Castigliani del Conte Fernán González e i Navarresi della Regina Toda. La lotta durò diversi giorni e si concluse con un immenso disastro, in cui la cavalleria del Califfo si lasciò attaccare con poca resistenza, permettendo ai cristiani di fare una carneficina. Il Califfo dovette fuggire, abbandonando nel suo accampamento un Corano di inestimabile valore e la propria cotta dalle maglie d'oro.


Abderramán III

Nel frattempo, le truppe di Abderramán III penetrarono impunemente da tutte le direzioni in territorio cristiano e la spedizione contro la Galiziadel 953 fu così feconda che Cordova vide con entusiasmo l'arrivo di un carico di croci e campane delle chiese galiziane.

In queste circostanze, il Re Ordoño III di León, aveva bisogno a tutti i costi di trattare la pace con il Califfo e diede inizio alla politica disastrosa e umiliante dei patti con i Califfi di Cordova, che rese i Re Cristiani feudatari del Califfato per oltre cinquant'anni.

Abderramán III accolse con favore gli ambasciatori di León (955) e, l'anno successivo, inviò i suoi ambasciatori, Muhammad ibn Husayn e il famoso interprete giudeo Hasday ibn Saprut, che pattuirono la pace, forse mediante la consegna da parte dei cristiani di alcuni castelli.

Non c'erano Re cristiani, che si mostrarono sottomessi ad Abderramán III, come accadde con il Re Sancho I di León, il “grasso”, che si trasferì nella capitale del Califato dove fece curare la sua obesità dal medico Hasday.


Abderramán III riceve gli ambasciatori di León

I Navarresi, adempiendo ai patti con il Califfo, attaccarono il Conte Fernán González di Castiglia e riuscirono farlo prigioniero nella battaglia di Cirueña. Il Califfo potè vedere prostrato ai suoi piedi il figlio de Re Ramiro II di León, il vincitore di Simancas, e la Regina, che quel giorno era al comando dei suoi indomabili Baschi.

Ma poco dopo, il "comandante dei fedeli", a 72 anni e malato, esalò l'ultimo respiro. Il suo regno di quasi mezzo secolo era stato il più forte e più prestigioso nell'Islam. La base di questa politica ambiziosa è stata l'enorme ricchezza del tesoro pubblico, che gli permise il mantenimento di un esercito potente e una grande flotta, che riuscì a dominare i luoghi strategici come Melilla, Ceuta e Tangeri.


931: il Re Ramiro II di León

Ramiro Ordoñez “il Grande”, divenuto Re di León con il nome di Ramiro II, nel 932 era a Zamora, dove stava preparando un attacco alle forze del Califfo Abderramán III, con lo scopo di liberare la città di Toledo che si era ribellata al Califfo e gli aveva chiesto aiuto.


Re Ramiro II di León
(dipinto di José María Rodríguez de Losada)

Intanto suo fratello l'ex Re Alfonso IV, ora monaco, si era pentito di aver abdicato e si era alleato col cugino Alfonso Froilaz e, approfittando dell'assenza del Re Ramiro II, entrò nella capitale León e tornò a proclamarsi Re per la seconda volta.

Ma il Re Ramiro II di León reagì prontamente e catturò suo fratello assieme al cugino Alfonso Froilaz. Poi i due prigionieri furono accecati e rinchiusi nel monastero di Ruiforco de Torío dove Alfonso IV morì circa due anni dopo, nel 933.

Terminata così la guerra civile, Ramiro II riprese la sua spedizione su Toledo, ormai accerchiata dal Califfo Abderramán III; sulla via di Toledo occupò la fortezza Omayyade di Margerit, ma non riuscì a salvare Toledo, che capitolò e si arrese ad Abderramán III.