dal 1145 al 1147


1145: Il Califfo Abd al Mu'min

Abd al Mu'min fu il primo Califfo Almohade successore di Ibn Tumart, fondatore del movimento Almohade e considerato “Madhi” (figura messianica musulmana). Abd al Mu'min fondò la dinastia “Mu´mini” che governò l'Impero Almohade fino alla sua scomparsa nel XIII secolo. Il suo nome completo era Abu Muhammad Abd al Mu'min ibn Alí ibn Alwi ibn Yala. Per linea materna discendeva direttamente dal Profeta, mentre per linea paterna le sue origini risalivano alla tribù berbera dei Qaysiti.

Nel 1117 Abd al Mu'min incontrò a Bejaia (nell'attale Tunisia) il maestro che avrebbe cambiato il suo destino. Infatti a Bejaia risiedeva Ibn Tumart, conosciuto come il “Faqih di Sus” (dalla regione meridionale del Marocco di dove era originario). Anche Ibn Tumart era berbero, ma della tribù degi Harga.

Ibn Tumart aveva studiato in Al Andalus con Al-Turtusí, un famoso giurista dell'epoca, poi si era spostato a Baghdad, dove aveva studiato con Al Gazali, famoso giurista e teologo che aveva effettuato un profondo rinnovamento delle scienze religiose islamiche. Sulla via del ritorno, Ibn Tumart, indeciso se esercitare scrupolosamente il precetto di “ordinare il bene e vietare il male”, incontrò Abd al Mu'min, che prese come suo allievo.

Abd al Mu'min decise di unire il suo destino a quello del suo maestro e lo seguì nel suo ritorno verso il Magreb estremo. Quando Ibn Tumart dovette da fuggire Marrakech temendo per la sua vita per aver polemizzato con gli Alfaquí del regime Almoravide e di aver censurato alla dinastia regnante, Abd al Mu'min lo seguì, prima a Agmar, poi a Tinmal, ottenendo un posto nel “Consiglio dei Dieci” ed entrò a far parte, per adozione, della tribù di Ibn Tumart.


vita quotidiana in Al Andalus

Ibn Tumart oramai costituiva una seria minaccia per il regime Almoravide stabilitosi nel Maghreb, e divenne presto capo effettivo di un movimento anti Almoravide, i cui membri chiamavano se stessi “Unitari” (Al Muwahhidun), da cui deriva il loro nome di Almohadi. Sotto la sua guida si riunirono gruppi spinti dalla medesima volontà di recuperare una perduta purezza di fede islamica.

Abd al Mu'min partecipò a diverse spedizioni militari degli Almohadi contro gli Almoravidi; soprattutto partecipò alla battaglia di Al Beheira nel 1130, quando gli Almohadi tentarono la conquista di Marrakech soffrendo gravi perdite.

Al Baiyaq, testimone dei fatti, racconta che Abd al Mu'min lo incaricò di informare Ibn Tumart della sconfitta. Quando lo fece, Ibn Tumart gli chiese se Abd al Mu'min era ancora vivo. Alla sua risposta positiva, Ibn Tumart esclamò; “amr qad baqiya amru-kum” (l'autorità è stata preservata). Questo episodio vuole chiaramente dimostrare il trasferimento di autorità da Ibn Tumart ad Abd al Mu'min.

Qualche tempo dopo Abd al Mu'min centrò la sua attività al comando dell'esercito Almohade, organizzando spedizioni militari contro gli emiri Almoravidi che, poco a poco, gli consentirono di occupare il territorio corrispondente all'attuale Marocco e alla parte occidentale dell'Algeria. Da parte loro, gli Almoravidi ricorrevano sempre più alle forze distaccate in Al Andalus per resistere all'avanzata degli Almohadi e, da 1132, dipendevano sempre più da un mercenario Catalano, Reverter, che era stato Visconte di Barcellona e le cui le truppe erano le truppe d'elite dell'esercito Almoravide.

Man mano che Abd al Mu'min conquistava nuovi territori, il numero dei suoi soldati aumentava, così che si sentiva abbastanza forte da abbandonare la guerriglia nei territori montuosi ed affrontare gli Almoravidi a viso aperto nelle pianure. Questa decisione ha coincise con la scomparsa dell'Emiro Almoravide Alí ibn Yusuf nel 1143, il quale aveva lasciato un Regno traballante Regno a suo figlio Tasufin ibn Alí.

Questa situazione peggiorò per la rivalità tra i capi tribali Lamtuna e Massufa che si contendevano la successione all'Emirato Almoravide; così che alcune tribu berbere finirono per abbandonare la causa degli Almoravidi. Un altro evento che favorì gli Almohadi fu la morte in battaglia del Visconte Reverter di Barcellona, comandante dei nercenari cristiani al servizio degli Almoravidi. Infine aderì al movimento Almohade anche la tribù berbera dei Qaysiti, alla quale apparteneva Abd al Mu'min, che fece pendere la bilancia a favore di quest'ultimo.

Nel 1145 gli eserciti di Abd al Mu'min e di Tasufin ibn Alí si scontrarono a Tremecén; l'Emiro Almoravide sconfitto morì quello stesso anno. La strada per Fez era così aperta (la città cadde nel 1146), seguirono Miknasa e Salé. Marrakech fu conquistata nel mese di aprile del 1147. La caduta di Tangeri e di Ceuta nel maggio-giugno 1148 completarono la conquista Almohade del Marocco.

Una volta conquistato il Marocco, Abd al Mu'min estese le sue conquiste oltre i possedimenti che gli Almoravidi avevano nel Maghreb. La conquista dell'Ifriqiya fu relativamente facile.

Abd al Mu'min trascorse due anni presso il porto di Salé, raccogliendo un grande esercito e quindi partì verso est, occupando Algeri, Bejaia e Qala de los Banu Hammad. Pochi anni più tardi, nel mese di giugno nel 1159, Abd al Mu'min conquistò Tunisi, poi marciò contro Mahdiyya, in possesso dei Normanni, conquistandola nel gennaio del 1160. Durante questa campagna conquistò anche Susa, Qayrawan, Sfax, Gafsa e Gabes Tripoli. Poi tornò a Marrakech. Per la prima volta l'occidente islamico era statò unificatò sotto una dinastia originaria della regione.


1146: Gli Almohadi nella penisola iberica

L'intervento degli Almohadi in Al Andalus era iniziato nel 1145, subito dopo la morte dell'Emiro Almoravide e la potenza militare degli Almoravidi si era dimostrata molto debole quando la minaccia Almohade iniziò a concentrare le sue truppe in Marocco.

Già dal 1140 la politica fiscale degli Almoravidi era diventata sempre più oppressiva e la loro posizione si deteriorò rapidamente. Dal 1144 la popolazione di Al Andalus si ribellò, guidata sia dai giudici o dai comandanti militari di Al Andalus, o da carismatiche figure religiose.

La prima rivolta fu guidata da un Sufi, Ibn Qasi, discendente da cristiani convertiti all'Islam. Nel 1144 i suoi discepoli governavano a Silves, Beja, Mértola e Niebla, arrivando ad attaccare Siviglia, Un'altra ribellione fu quella del Qadi Ibn Hamdin a Cordova (1145). Altri Cadì, (di solito membri delle famiglie di notabili urbani) si ribellarono a Jaén, Málaga, Granada e Valencia.


vita quotidiana in Al Andalus

Poi le lotte interne del suo movimento portarono Ibn Qasi a cercare l'aiuto dagli Almohadi. Nel settembre del 1145, Ibn Qasi andò a Marrakech, dove ottenne l'appoggio di Abd al Mu'min. L'anno successivo Ibn Maymun, un ammiraglio Almoravide, passò nelle fila di Abd al Mu'min. Nel 1147 un esercito Almohade conquistò le città di Jerez, Niebla, Silves, Beja, Badajoz, Mértola e infine Siviglia.

Intanto Ibn Qasi, divenuto governatore Mértola e Silves, nel 1148 dovette affrontare una rivolta, e tuttavia voleva l'indipendenza dagli Almohadi, così che cominciò a negoziare col Re Afonso I del Portogallo, ma questo portò alcuni dei suoi sostenitori ad assassinarlo nel 1151. Contemporaneamente da nord continuava l'avanzata cristiana, così che furono conquistate le ultime roccaforti musulmane della Valle del Ebro (Tortosa cadde in mani cristiane nel 1148, Lérida e Fraga nel 1149).


1147: La conquista di Almeria

I Castigliani occuparono Almeria nel 1147, quando il Re Alfonso VII di Castiglia riuscì a ottenere sostegno dal Conte Raimondo Berengario IV di Barcellona, dal Re Garcia V Ramirez di Navarra e dalla flotta genovese, restando in quella città fino alla conquista Almohade del 1157.

Ad avere a che fare con la minaccia degli Almohadi ci fu anche Muhammad Ibn Mardanis, il governatore musulmano di Huesca che cercò un'alleanza con il Re di Castiglia, ottenendo le truppe e gli aiuti militari. Ma questo accordo con i cristiani favorì la feroce propaganda degli Almohadi che lo delegittimava come sovrano musulmano per avere il supporto di infedeli.

La conquista cristiana di Almería aveva dimostrato quanto era stata benefica la politica di alleanze tra i diversi sovrani cristiani. Lo stesso accadde nella zona occidentale, qualdo nel marzo 1147 il Re Alfonso I Enríquez de Portogallo riuscì a conquistare Santarém e il 24 ottobre Lisbona, quest'ultima grazie all'assistenza fornita dai crociati di Colonia, Fiandre e Inghilterra che erano in rotta verso la Terra Santa. Né Santarem né Lisbona, né le fortezze della Valle del Ebro conquistate tra il 1148 e il 1149 sarebbero state recuperate dai musulmani che in quegli anni persero diversi preziosi territori strategici.

Nel 1148 il Conte di Barcellona Raimondo Berengario IV completò la conquista della regione di Tortosa e tolse ai musulmani anche la regione di Lérida e Fraga il 24 ottobre 1149, dopodiché si autoproclamò Marchese di Tortosa e Lerida.


1147: La Conquista di Santarém

Il 15 marzo 1147, le truppe del Regno di Portogallo, sotto la guida del loro Re Alfonso I, catturarono la città moresca di Santarém.

Cinque giorni prima il Re Alfonso I del Portogallo era partito da Coimbra con 250 dei suoi migliori cavalieri con l'intenzione di catturare Santarém, un obiettivo che in precedenza era riuscito a conseguire. La conquista di Santarém era di importanza vitale per la strategia di Afonso, perché il suo possesso avrebbe significato la fine dei frequenti attacchi moreschi su Coimbra e Leiria e gli avrebbe permesso anche un successivo attacco a Lisbona.


la conquista di Santarém (dipinto di Alfredo Roque Gameiro)

Nella notte del 14 marzo, il Re Afonso e il suo esercito arrivarono a Santarém. 25 cavalieri scalarono le mura, ucciso le sentinelle e aprirono il cancello, consentendo all'esercito portoghese di entrare in città. Risvegliati dalle grida dei loro sentinelle, i Mori corsero da tutte le parti per affrontare gli attaccanti portoghesi nelle strade, ma finirono per essere sconfitti. La mattina successiva la conquista era già finita, e Santarém entrò a far parte del Regno del Portogallo.


1147: La Battaglia di Sacavém

Dopo la conquista di Santarém, il Re Alfonso I del Portogallo era pronto a prendere Lisbona. Nel frattempo in Al Andalus si diffuse la notizia che i cristiani stavano circondato Lisbona, ed era indispensabile difendere a tutti i costi le ultime roccaforti musulmane a nord del Tago.

Così circa 5.000 Mori si riunirono in prossimità di Sacavém, a nord del fiume Tago, per combattere e distruggere le forze del Re Alfonso I del Portogallo; erano sotto il comando di Bezai Zaide, Wali di Sacavém.

Il Re Alfonso I del Portogallo aveva a disposizione solo 1.500 guerrieri e con questi iniziò la battaglia sullle rive del fiume Sacavém, vicino a un vecchio ponte romano fortemente difeso dai Mori, che avevano già iniziato il loro attacco.


la Battaglia di Sacavém in un Azulejo portoghese

Malgrado la significativa differenza numerica tra i due contendenti, i cristiani ebbero la meglio, anche se la maggior parte di loro venne uccisa. 3.000 Mori perirono di spada, e i restanti annegò nel fiume o furono fatti prigionieri.