dal 1319 al 1333


1319: il disastro de la Vega de Granada

La battaglia conosciuta come il “disastro di Vega di Granada” fu combattuta il 25 giugno del 1319 dalle forze della Corona di Castiglia contro quelle del Sultanato di Granada ed ebbe un risultato disastroso per i castigliani, le cui truppe furono sbaragliate dall'attacco della cavalleria di Utman ibn Abi al Ula; nello scontro morirono i Principi di Castiglia Pietro e Giovanni.

Nell'inverno del 1318 nel regno di Castiglia si erano competati i preparativi di guerra per la campagna dell'anno successivo contro il Sultanato di Granada, e il Principe Pietro di Castiglia, passando per Toledo, Trujillo, Siviglia, Cordova e Úbeda, riunì le truppe che dovevano intervenire nella campagna militare.

Alla vigilia di Pentecoste del 1319, trovandosi nei pressi di Úbeda, conquistò il castello di Tíscar. Nel giugno del 1319, mentre il Principe Pietro di Castiglia era a Tíscar, gli eserciti castigliani comandati dal Principe Giovanni di Castiglia si stavano avvicinando, in quanto quest'ultimo aveva deciso di unirsi a suo nipote unirsi alla spedizione contro i mori di Granada. Il piano del Principe Giovanni era di saccheggiare la Vega di Granada e prendere parte ai successi militari mietuti da suo nipote, il principe Pietro.

Nel giugno del 1319, mentre il Principe Pietro assediava il castello di Tíscar, il Principe Giovanni, lasciò suo figlio alla difesa di Baena e partì per Alcaudete per incontrare suo nipote il Principe Pietro. Entrambi gli eserciti riuniti a Alcaudete, che sommavano 9.000 cavalieri e diverse migliaia di soldati a piedi, partirono per la Vega de Granada.

Il Principe Giovanni era al comando dell'avanguardia mentre il Principe Pietro era nelle retrovie, accompagnato dai Maestri degli Ordini di Santiago, Calatrava e Alcantara, dagli arcivescovi di Toledo e Siviglia e da molti membri della nobiltà.

Sulla strada per Granada, gli eserciti cristiani attraversarono Alcalá la Real, dove trascorsero la notte e il giorno successivo. Dopo aver attraversato le città di Moclín, Íllora e Pinos Puente, il sabato giunsero alla periferia di Granada, dove si accamparono.

Gli eserciti rimasero accampati fino al lunedi, quando il Principe Giovanni suggerì di tornare nelle terre castigliane, nonostante l'opposizione del Principe Pietro che voleva penetrare ulteriormente in territorio nemico. Tuttavia l'opinione del Principe Giovanni prevalse e lo stesso giorno iniziò il viaggio di ritorno, con il Principe Giovanni al comando della retroguardia della colonna cristiana, e il Principe Pietro in prima linea.

Il 25 giugno, mentre le truppe cristiane si stavano ritirando, la retaguardia fu attaccata ad “El Cerro de los Infantes”, a 16 km da Granada, dalla cavalleria del Sultano di Granada al comando del generale Ozmín.

In un primo momento gli attacchi di musulmani cercarono solamente di provocare il nemico mediante piccole scaramucce nella retaguardia della colonna cristiana. Ma poi, quando l'esercito cristiano assetato ed esausto cominciò a scoraggiarsi, i mori attaccarono duramente la retroguardia cristiana, sino a circondarla.

Data la situazione, il Principe Giovanni, che era al comando della retroguardia, richiese l'assistenza del Principe Pietro, che era al comando dell'avanguardia dell'esercito. Ma le truppe del Principe Pietro, spaventate, si diedero alla fuga e cercarono di attraversare il fiume Genil, nonostante la determinazione del Principe Pietro che cercava di riorganizzare le sue truppe e portarle a combattere con suo zio, il Principe Giovanni.

Cercando di riportare all'ordine le sue truppe che si rifiutavano di combattere, il Principe Pietro mise mano alla sua spada ma, nella foga, cadde da cavallo e, per la caduta, morì.

Mentre in prima linea il Principe Pietro moriva, i mori di Granada uccidevano tutti i cristiani del suo esercito i quali, a causa della temperatura elevata e del grande bottino che trasportavano, furono appena in grado di difendersi.

Quando il Principe Giovanni apprese della morte di suo nipote, perse il lume della ragione e la parola e quando i maestri degli Ordini militari, l'arcivescovo di Toledo e il Vescovo di Córdoba, che erano all'avanguardia, furono informati della morte di Principe Pietro, si diedero alla fuga.

Nel frattempo l'esercito di Granada saccheggiò il campo cristiano e, con il bottino, si diresse verso Granada. Al calar della notte, il Principe Giovanni, quasi del tutto impazzito, fu posto su un cavallo e il corpo del Principe Pietro fu caricato sul dorso di un mulo. Poi'esercito castigliano si ritirò alle sue basi nella retroguardia.

Durante il tragitto notturno, il cavallo che trasportava il corpo del Principe Giovanni, il quale morto durante la notte, fu perso di vista dai suoi uomini, a causa dell'oscurità e si perse nelle terre del Sultano di Granada.

La sconfitta dei castigliani portò nel Regno di Granada un periodo di pace. Il Principe di Castiglia Juan Manuel, maggiordomo maggiore del Re Alfonso XI di Castiglia e León, firmò una tregua con il Sultano Ismail I, così come fece il Re Giacomo II di Aragona nel 1325.

Durante questo periodo, il Sultano Ismail I rinforzò il suo esercito e fu in grado di recuperare diversi posti di frontiera. Nel 1324, dopo un breve assedio, prese Huéscar, piazza che doveva essere successivamente utilizzata come punto di partenza per le sue incursioni. L'anno seguente saccheggiò le città di Baza, Orce e Martos. Poco dopo l'ingresso trionfale a Granada del Sultano Ismail I, fu assassinato da suo cugino assassinato da suo cugino Muhammad, governatore di Algeciras.


1325: Muhammad IV, Sultano Nasride di Granada

Figlio del Sultano Ismail I, quando nel 1325 ereditò i trono di Granada, il Sultano Muhammad IV (Abu Abd Allah Muhammad ibn Ismail) era ancora troppo giovane per esercitare il potere, così subì molto l'influenza dei suoi ministri e della nonna paterna Fatima.


1327: la Crociata di Alfonso XI di Castiglia

Nel 1325 il Re Alfonso XI di Castiglia raggiunse la maggiore età e prese il potere. Dichiarò quindi guerra all'Emirato di Granada e invitò gli altri Re cristiani ad unirsi a lui in una nuova Crociata. Questi inviti non ebbero alcuna risposta, ma il Re Alfonso XI comunque procedette ad una campagna contro la frontiera occidentale del Sultanato di Granada e, nel 1327, catturò i castelli di Olvera, Pruna e Torre Alhaquime.


1327: Il Re Alfonso IV di Aragona


il Re Alfonso IV di Aragona
(dipinto di Manuel Aguirre y Monsalbe)

Nel 1327, alla morte del padre, Alfonso IV gli subentrò nei titoli di Re d'Aragona e di Valencia e di Conte di tutte le contee catalane.Subito si premurò di riallacciare i rapporti con la Castiglia sposando, il 5 febbraio 1329, Eleonora, sorella del Re Alfonso X di Castiglia.

Nel 1329 il Re Alfonso IV di Aragona iniziò la crociata contro il Sultanato di Granada, senza ottenere risultati di rilievo; ma, nel 1331, i Mori attaccarono il regno di Valencia, riuscendo ad occupare le città di Orihuela ed Elche, che furono, con fatica, riconquistate. Nello stesso Alfonso IV di Aragona anno iniziò un tentativo di conquista di Almeria che si protrasse sino al 1333 e si risolse con una disastrosa sconfitta. Dopo questa disfatta Alfonso IV di Aragona venne a più miti consigli e, nel 1335, firmò la pace col regno di Granada.


1330: L'assedio del castello di Teba

Nel 1330 il Re Alfonso XI di Castiglia organizzò una seconda spedizione per attaccare il castello di Teba, una fortificazione chiave per la difesa di Malaga. Alfonso XI stabilì il suo quartier generale a Cordova e ordinò ai suoi nobili e cavalieri di raggiungerlo. Arrivò anche un contingente di 500 cavalieri inviati dal Re del Portogallo e, allo stesso tempo, arrivarono diversi Crociati dalla Scozia e dall'Inghilterra.

Entro la fine del mese di luglio del 1330 Alfonso XI si preparò a marciare verso Ecija, per istituirvi una base dalla quale raggiungere Osuna, sulla frontiera. Una volta attraversato il confine, Alfonso XI continuò verso sud, sino a raggiungere le praterie di Almargen, a cinque miglia a ovest di Teba, da dove avanzò per accamparsi e as-sediare la fortezza di Teba.

In attesa che le macchine d'assedio giungessero da Ecija, Alfonso XI si preparò alla reazione delle forze del Sultano di Granada che erano a Malaga. Queste erano sotto il comando di Uthman bin Abi l Ula, un nobile berbero al servizio del sultano di Granada, che partì da Malaga con 6.000 cavalieri e un numero imprecisato di fanti. Mar-ciando per la valle del Guadalhorce, l'esercito di Uthman attraversò la valle del Turón e si accampò tra la cittadella di Ardales e il ca-stello di Turón, dieci miglia a sud di Teba.


l'assedio del castello di Teba
(miniatura medievale)

Nel frattempo a Teba erano arrivate le macchine d'assedio ed aveva-no cominciato ad aprire una breccia nelle mura del castello. All'esercito cristiano mancava l'acqua e ogni giorno bisognava portare i cavalli fino al Guadalteba, un fiume che scorreva adue miglia a sud del castello. Uthman si accorse di questa debolezza e inviò i suoi soldati a molestare i cristiani. Alfonso XI aveva anche altri pro-blemi. I 500 cavalieri portoghesi si erano ritirati, e una notte la guarnigione di Teba uscì per attaccare gli assedianti e si ritirò la-sciando una torre d'assedio in fiamme.

Ma anche Uthman aveva le sue difficoltà. Aveva capito che non po-teva sconfiggere i cristiani in aperta battaglia e così mise a punto un stratagemma per costringere Alfonso XI ad abbandonare l'assedio. Col favore delle tenebre, 3.000 cavalieri fecero un attacco diversivo dall'altra parte del fiume, mentre Uthman con altri 3.000 cavalieri si nascosero nei pressi del campo di Alfonso XI.

All'alba il primo contingente di Uthman occupò le fonti del Guadal-teba. Alfonso XI, invece, avvertito dai suoi esploratori dei movimenti del nemico, mantenne il grosso del suo esercito al campo, inviando solo alcune truppe per controllare l'assalto del primo contingente di Uthman sul fiume.

Vedendo uscire le truppe dal canpo cristiano, Uthman uscì dalla valle dove lui ei suoi uomini si erano nascosti, e attaccò il campo cristia-no. Quando arrivò al colle che domina il campo cristiano, lo vide pieno di uomini armati e pronti alla battaglia, mentre i cristiani che erano andati al fiume cominciarono a ripiegare. Uthman abbandonò subito l'attacco e tornò indietro per sostenere i suoi soldati, ma arri-vò solo in tempo per unirsi alla ritirata generale.

I Mori sul fiume furono in grado di sopportare il contrattacco cri-stiano, ma quando Alfonso XI vide la ritirata di Uthman, inviò al fiume altri 2.000 uomini, così che la ritirata dellesercito di Granada si trasformò in una disfatta totale. Uthman non tentò più di togliere l'assedio e poco dopo la guarnigione di Teba si arrese.

Nel frattempo i Banu Abi al Ula cospirarono contro il Sultano di Granada, che venne ucciso il 25 agosto del 1333. Suo fratello Yusuf I vendicò la sua morte con l'espulsione del Banu Abi al Ula da Granada.