dal 1333 al 1340


1333: Yusuf I, Sultano Nasride di Granada

Yusuf I salì al trono del Sultanato di Granada il 26 agosto 1333, il giorno dopo l'assassinio di suo fratello Muhammad IV. Il periodo dal 1333 al 1340 fu definito dalla costante volontà politica del Sultano di consolidare le frontiere e l'integrità del suo territorio. Così, il 16 ottobre 1333, appena iniziato il suo regno, Yusuf I rinnovò la tregua con il Re Alfonso XI di Castiglia e León, influenzato dai suoi ministri Al Jatib e, soprattutto Abu I Nuaym Ridwan, un cristiano rinnegato dalle altissime capacità politiche.


l'Harem del Sultano

Il 24 febbraio 1334 Yusuf I firmò a Fez un altro trattato di pace, questa volta per quattro anni, al quale aderirono il Re di Castiglia, il Sultano di Granada e il Sultano di Fez e che, il 15 luglio 1335, venne condiviso anche dal Re di Aragona. Tuttavia la lotta per il predominio nello stretto e l'aumento della pirateria che si era estesa in tutto il Mediterraneo durante il XIV secolo, diedero molto presto occasioni di interropere i buoni rapporti.

Le aspirazioni espansionistiche dei Merinidi e del Sultano Yusuf I, irritarono parecchio il Re Alfonso XI di Castiglia, che immediatamente si propose di tagliare le basi di rifornimento berbero nella penisola. Nel 1338 le truppe castigliane attacarono il Sultanato di Granada facendo delle incursioni punitive ad Alcalá la Real, Locubín, Susana, ecc..

Yusuf I considerò rotta la tregua e non fece attendere per la sua risposta: nell'ottobre del 1339 condusse una grande campagna contro il territorio castigliano, durante la quale un esercito di 1.500 cavalieri e 600 fanti saccheggiò la regione di Jaén. Il Sultano arrivò anche ad assediare l'inespugnabile fortezza di Siles, che apparteneva all'Ordine di Santiago e che fu salvata solo grazie ai rinforzi inviati da Úbeda da Alfonso Méndez, Maestro dell'Ordine. Con questa campagna, Yusuf I fu il primo e unico monarca di Granada aa adentrarsi così profondamente in territorio cristiano.

Visto che la pace tra Granada e Castiglia era oramai rotta, Yusuf I decise di aiutare personalmente i Merinidi di Abu I Hasan e di suo figlio Abu Malik. Ma le loro sconfitte a Lebrija, Arcos e Barbate, oltre al blocco dello stretto dove i castigliani e aragonesi mantenevano la loro flotta, impedì una qualsiasi offensiva islamica fino all'anno successivo.


1340: La sconfitta navale dell'ammiraglio Jofre Tenorio

Il 16 Aprile 1340 il Sultano dei Merinidi Abu I Hasan riuscì a vendicare la morte del suo primogenito distruggendo la flotta cristiana nelle acque di Algeciras, nella battaglia divenuta nota come il “disastro navale di Jofre Tenorio”.


l'ammiraglio Jofre Tenorio
su un grancobollo spagnolo

A quel tempo sia la flotta islamica che quella cristiana si contendevano il controllo strategico dello stretto di Gibilterra. La flotta cristiana, che era sotto il comando dell'ammiraglio castigliano Alfonso Jofre Tenorio, l'8 Aprile del 1340 subì una severa sconfitta che permise ai musulmani di tenersi lo stretto per diversi mesi.

Nella primavera del 1340 il Re Alfonso XI di Castiglia venne informato delle difficoltà la flotta di Alfonso Jofre Tenorio, che era rimasto nello stretto per tutto l'inverno ed il cui equipaggio era insufficiente. Molti di coloro che erano sulle galere erano malati e molti altri erano morti. Tale era la mancanza di equipaggio che otto galee non potevano navigare per la mancanza di personale.

Il direttore dei cantieri di Siviglia, Alonso Gonzàlez, incontrò il Re a Trujillo e gli riferì che la sua flotta per tutto l'inverno era stata in difesa dello stretto, i galeotti si erano ridotti di numero ed oramai era malmessa e inadeguata. La notizia costrinse Alfonso XI ad andare a Siviglia e da lì a Sanlúcar de Barrameda.

Nel frattempo, nonostante la situazione precaria, una galea cristiana sotto il comando del capitano di mare Bernal de Lirona riuscì a catturare una galea musulmana che trasportava alimenti alla penisola, e trasportarla a Sanlúcar de Barrameda dove fu presentata al Re.

Riconoscendo l'importanza di avere una forte flotta nello stretto, Alfonso XI si trasferì al Porto di Santa Maria, dove diede ordine di reclutare uomini tra le popolazioni costiere e quelle situate sulle rive del Guadalquivir, ottenendo così dei vogatori, balestrieri e soldati per le otto galee che stavano all'ancora in quel porto.

Nel frattempo, i musulmani raggrupparono la loro flotta a Ceuta. Arrivarono 16 navi degli Hafsidi comandate da Zeid-Ibn-Ferhoun, capo della marina di Bejaia. A questa flotta contribuirono anche diversi porti di Ifrikiya, come Tripoli, Gabès, Yerba, Tunisi, Bona e Bejaia. Anche il Sultanato di Granada partecipò con la sua flotta, mentre Malaga e Almeria inviarono i loro marinai.

Abu l-Hasan, il sultano del Marocco, consegnò il comando della flotta cosi composta combinata a Muhammad b. ‘Ali al-‘Azafi, con l'ordine espresso ad attaccare i cristiani.

Le navi musulmane riuscirono a passare lo stretto. A questo punti le navi cristiane si lanciarono contro i loro nemici, ma i mori rifiutarono lo scontro e si rifugiarono nel porto di Gibilterra, che era sotto la protezione dei balestrieri e cavalieri saraceni che dominavano la rocca. Alfonso Jofre Tenorio poté tenere bloccata la flotta avversaria solo per tre giorni.

Ma ancora una volta il tempo nello stretto di Gibilterra divenne inclemente. Un forte vento da oriente costrinse i cristiani a ritirarsi mentre la loro nave, chiamata Santa Ana, veniva persa. Il vento dell'est spinse le navi cristiane da Tarifa fino a Sancti Petri. Quando la tempesta si placò, l'ammiraglio castigliano riorganizzò la flotta e partì per il porto di Tarifa, da dove andò a Algeciras per tagliare le comunicazioni dello stretto.

Otto galee cristiane non poterono navigare per la mancanza di marinai; inoltre la flotta cristiana non riuscì ad impedire l'arrivo ad Algeciras delle navi musulmane (circa 60 galee ed un numero imprecisato di altre navi, per un totale di circa 250); questo fece sì che la Corte mettesse in dubbio la lealtà dell'ammiraglio. Alcuni dissero al Re che la flotta dei Mori era giunta ad Algezira e che questo era per colpa dell'ammiraglio.

Amareggiato per gli intrighi contro la sua persona, l'ammiraglio comandò alle sue 33 galee, che si stavano dirigendo verso il porto di Algeciras dove era la flotta dei mori, di invitare i mori battaglia. Ma i mori rifiutarono e cristiani non poterono fare altro che rimanere tre giorni in quella posizione.

La flotta castigliana non era nelle migliori condizioni per il combattimento. Comunque il 4 aprile, l'ammiraglio riunì i capitani della sua flotta che di dissero che erano pronti a combattere, quando le trombe squillato tre volte. Al primo squillo dovevano allertarsi, al secondo dovevano issare le ancore e infine al terzo dovevano essere pronti per entrare in battaglia.

Al quarto giorno, il sabato 8 aprile, cessò il vento, il mare era calmo e piatto. I musulmani capirono che era il momento di dare battaglia. Prepararono con cura la loro flotta, misero in ogni galea tra 300 e 400 uomini d'arme e armarono anche la maggior parte dei vogatori. I musulmani potevano disporre di 44 galee e 35 altre navi; su ciascuna di queste navi vi erano montati tre castelletti pieni di balestrieri e arcieri, inoltre anche i vogatori erano armati.

Attaccate all'improvviso, molte navi cristiane furono subito catturate. L'ammiraglio fece squillare le trombe e si trasferì immediatamente sulla sua nave per affrontare gli aggressori. Ma poche furono le navi cristiane che seguirono la scia dell'ammiraglio. I marinai issarono le vele, ma non ebbero il tempo per reagire all'inaspettato attacco musulmano. Delle 32 galee e 19 navi castigliane, all'inizio della mischia vennero perse 28 galee e 7 navi.

La superiorità dei Mori diede i suoi frutti, in quanto poterono attaccare la maggior parte delle galee cristiane, riuscendo a prenderne alcune e affondare le altre. Quattro galee musulmane si scontrarono con la galea dell'ammiraglio. C'era poca gente a difendere la sua galea, che venne circondata. La fortuna appoggiò nuovamente i musulmani, perché occuparono la galea abbandonata dai cristiani. La resistenza dell'ammiraglio fu inutile e, alla fine, morì eroicamente.

Gli occupanti delle altre galee, nel vedere l'ammiraglio morto, abbandonarono le galee che furono immediatamente prese dai musulmani. Con il poco vento che c'era, i fuggitivi riuscirono a raggiungere a Cartagena. Dieci furono le navi che arrivarono in quel porto, portando cinque o seimila persone a bordo, molti di loro ferite.

Le truppe marocchine poterono sbarcare nella baia di Algesiras e, con l'ausilio delle truppe del Sultano di Granada, nel settembre 1340, misero sotto assedio la città di Tarifa, con un esercito valutato tra i 60.000 e gli 80.000 uomini.