PRESENTAZIONE

Rodrigo Díaz de Vivar (nato a Vivar del Cid, nella provincia di Burgos, nel 1048; morto a Valencia, nel 1099) era forse il personaggio più rappresentativo delle qualità del guerriero della Reconquista, un cavaliere castigliano che, a capo della sua ”mesnada” (esercito personale), riuscì a conquistare il Levante della penisola iberica alla fine dell'XI secolo, in modo autonomo da qualsiasi autorità del Re.

Riuscì a conquistare Valencia e stabilì in questa città una Signoria indipendente dal 17 giugno del 1094 fino alla sua morte. Sua moglie Jimena Díaz ereditò la Signoria e vi restò fino al 1102, quando Valencia tornò a essere un dominio musulmano.

Si tratta di una figura storica e leggendaria della Reconquista, tanto che le sue gesta hanno ispirato numerose opere nella letteratura.

Si consideri tra tutti il poema “El Cantar de Mio Cid”, da un anonimo nel 1200 e spesso indicato come il più importante poema epico della letteratura spagnola, o ancora “Le gesta giovanili del Cid”, scritto da Guillén de Castro nel XVII secolo e la tragedia “le Cid” scritta nel 1636 da Pierre Corneille, un famoso drammaturgo e scrittore francese.


Primo foglio del manoscritto del “Cantar de mio Cid”
conservato nella Biblioteca Nazionale di Spagna

Rodrigo Díaz de Vivar è passato alla storia come “El Campeador” (esperto di battaglie campali) o “El Cid” (dall'arabo “Sidi” o “As-Sid”: signore o capo).

L'appellativo di “El Campendor” gli fu dato dai soldati cristiani durante la sua militanza sotto il Re Sancio II di Castiglia. In un documento firmato dallo stesso Rodrigo Díaz nel 1098, compare l'appellativo di “El Campeador” mediante l'espressione latinizzata “ego Rudericus Campidoctor”. Nel frattempo le fonti arabe dell'XI secolo e dell'inizio del XII secolo lo chiamavano “alkanbitur” o “alqanbitur”, o anche “Rudriq o Ludriq al-Kanbiyatur o al-Qanbiyatur” (Rodrigo el Campeador).

L'appellativo di “El Cid” (che fu applicato anche ad altri leader cristiani), anche se si pensa che potesse essere già utilizzarlo come titolo onorifico e di rispetto dei Saragozzani per le sue vittorie al servizio del Re del Taifa di Saragozza tra il 1081 e il 1086, o più probabilmente, a Valencia, dopo la conquista di questa città nel 1094, appare per la prima volta (come “Meo Çidi”) nel “Poema di Almería”, composto tra il 1147 e il 1149.

Per quanto riguarda la combinazione di “Cid Campeador”, questa è documentata nel 1200 in lingua navarro-aragonese nel “lignaggio di Rodrigo Díaz” che fa parte del “Liber regum” (sotto la formula di “mio Cit el Campiador”) e nel “Cantar de mio Cid” (“mio Cid el Campeador” e altre varianti).


Moneta commemorativa
del “Cantar de mio Cid”

Tradizione e leggenda hanno gettato un'ombra profonda nella storia del cavaliere, a tal punto che la sua stessa esistenza è stata messa in discussione.

Sentiamo spesso parlare dell'El Cid storico contrapposto all'El Cid leggendario: la storia lo dipinge spesso come un avventuriero senza scrupoli, che combatteva con lo stesso vigore cristiani e mori.

Molto diverso è l'El Cid della leggenda, dipinto come un eroe romantico, marito e padre amorevole, soldato coraggioso, gentile e nobile, sempre vincitore, incrollabilmente fedele al suo paese e al suo Re; un uomo il cui nome è sempre stato sinonimo di patriottismo spagnolo.


una delle tante edizioni
del “Cantar de mio Cid”

Con il suo aspetto imponente, la sua sconcertante “barba di velluto”, il suo coraggio che non conosceva confini e la sua magnanimità prudente, provocò l'entusiasmo dei suoi sostenitori, che lo accompagnarono al compimento di imprese impossibili ad altri.

In contrasto con la figura di Alfonso VI, Re di Castiglia e León, El Cid era l'uomo dalla visione profonda del futuro della Reconquista e dei mezzi che si imponevano per conseguirla. Nel Cid, fedele riflesso delle virtù castigliane, tutto era generosità, sforzo bellico, dignità, vigorosa virilità compatibile con una tenerezza nobile e sobria. Era simpatico e umano, animoso e fedele vassallo a tutti i costi.