(1396 - 1421)
IL MAGISTERO DI PHILIBERT DE NAILLAC

Nel 1396, dopo la Battaglia di Nicopoli alla quale aveva partecipato, Philibert de Naillac, gran priore d'Aquitania e originario della provincia di Berry, apprese della propria elezione a Gran Maestro dell'Ordine dei Cavalieri di San Giovanni, e fece perciò ritorno a Rodi, dove prese possesso del nuovo incarico nel gennaio del 1397.

Il nuovo Gran Maestro, appena eletto, si trovò ad affrontare una vera crisi dell'Ordine, che minacciava la sua unità e anche il suo futuro. Cercò quindi con grande energia di trovare i rimedi: si preoccupò quindi di riorganizzare l'Ordine Ospitaliero, gravemente provato dalla crisi in Medio Oriente e dai disordini interni che in precedenza avevano portato all'elezione di un Gran Maestro e di un “anti-Gran Maestro”.

Contrariamente al suo predecessore, che si era schierato con i Papi di Avignone, Philibert de Naillac aderì alle tematiche del “Grande Scisma d'Occidente”, nel tentativo di slegarsi dall'influenza del Papa e dalla sua ingerenza negli affari dell'Ordine. In questo era stato incoraggiato dal fatto che era stato il Capitolo Generale ad eleggerlo da Rodi, lontano da qualsiasi influenza da Roma o di Avignone.

Agli inizi del suo magistero Philibert de Naillac entrò a far parte della lega dei principi cristiani contro Sultano Bayezid. Rientrato a Rodi, Philibert de Naillac incominciò col riunire una somma di 30.000 ducati d'oro per pagare il riscatto dei prigionieri di Nicopoli, rinforzare le difese della città di Rodi e delle isole dell'arcipelago, e continuò a indirizzare l'ordine per la sua missione originaria: la lotta contro gli “infedeli” ottomani.


Rodi in un manoscritto medievale

Nel 1402 il Grande Emiro mongolo Tamerlano era in Asia Minore. Il Sultano Turco Bajazed I si scontrò nella regione di Ankara con Tamerlano e le sue truppe mongole andarono incontro ad un disastro senza precedenti (20 luglio 1402).

Tamerlano, divenuto padrone dell'Anatolia, rivendicando la discendenza da Gengis Khan e pretendendo la restaurazione dell'Impero mongolo, mise sotto assedio Smirne, possedimento degli Ospitalieri, cacciandoli e sottomettendo Focea e Chio. La metodologia di assedio dei mongoli era molto pratica e sbrigativa: il primo giorno issavano sul campo un stendardo bianco, il secondo giorno uno stendardo rosso e il terzo giorno e seguenti uno stendardo nero. In caso di resa, con il bianco si garantiva la vita a tutti i difensori, con il rosso si ritenevano colpevoli solo i capi e con il nero tutti erano condannati a morte.

Gli Ospitalieri non riuscirono a contenere l'impeto delle schiere tartare che si erano avventate su Smirne ed i Cavalieri, dopo una fiera resistenza, furono costretti a capitolare.


Tamerlano in un moderno dipinto

Dopo la perdita di Smirne, il Gran Maestro Philibert de Naillac, per non perdere un valido punto di appoggio sulla costa meridionale dell'Asia Minore, riuscì ad impossessarsi dell'arsenale che Tamerlano possedeva sul sito dell'antica Alicarnasso, dove tra il 1398 e il 1408 venne costruito il famoso castello di San Pietro, denominato in seguito “Petronium” e volgarizzato poi in “Budrum”.

Il castello di San Pietro fu un baluardo importante per l'Ordine Giovannita e, malgrado si trovasse in una regione assai tormentata dagli Ottomani, rimase nel possesso dei Cavalieri fino al momento della resa a Solimano.

Nel 1403, Philibert de Naillac accompagnò, assieme ad un distaccamento di Ospitalieri, il Maresciallo di Francia Jean Le Meingre, allora governatore di Genova, in una spedizione contro i mamelucchi egiziani nel levante. Il corpo d'armata francese sbarcò a Tripoli (Libano). Avvisati dai veneziani, che allora commerciavano con i turchi, i mamelucchi si organizzarono.


1403: Jean Le Meingre e Philibert de Naillac entrano vittoriosi a Tripoli del Libano
(dipinto di Jean Pierre Granger)

L'armata dei mamelucchi, anche se composta da 15.000 uomini, venne comunque sconfitta. Tripoli e Beirut caddero nelle mani dei cristiani nel mese di agosto. Le truppe cristiane rinunciarono poi ad attaccare Sidone, difesa da 30.000 egiziani e tornarono indietro.

Il 27 ottobre 1403, Ospitalieri e mamelucchi siglarono un fragile trattato di pace, a seguito del quale gli Ospitalieri ebbero la facoltà di mantenere un console a Gerusalemme e la restituzione di tutti i beni che erano stati confiscati e cioè la chiesa e l'ospizio da cui avevano avuto origine.

Tra le fortificazioni che Philibert de Naillac apportò a Rodi, nel porto, vi era una massiccia torre a suo nome, che venne poi distrutta da un terremoto nel 1863 e non venne mai più ricostruita.


la torre Naillac, in una stampa d'epoca

Nel febbraio del 1409, Philibert de Naillac, accompagnato da 16 Commendatori lasciò Rodi per recarsi al Concilio di Pisa, durante il quale non si stancò di negoziare tra Roma ed Avignone. Al concilio Philibert de Naillac fu riconosciuto il legittimo Gran Maestro de Cavalieri di San Giovanni.

Il 19 aprile 1410 ad Aix-en-Provence il Gran Maestro riunì il Capitolo Generale dell'Ordine. I problemi essenziali discussi erano relativi alla Regola, alla disciplina, alle finanze ed ai rapporti tra l'Ordine ed il Papato. Philibert de Naillac pretese che il Papa non interferisse negli affari dell'ordine e che al Gran Maestro spettasse il ruolo di nominare comandanti e priori.

Per sostenere la sua causa, egli viaggiò nelle Corti d'Europa per perorare la causa dell'Ordine. Egli colse quindi l'occasione per visitare la maggior parte delle Commende dell'ordine in Europa, evento eccezionale e probabilmente unico per un Gran Maestro.

Nel 1419, mentre era ancora in Europa, Philibert de Naillac ottenne da Barsbày, il Sultano mamelucco di Egitto, di poter mantenere stabilmente a Gerusalemme sei Cavalieri esenti da tributo, obbligati ad albergare i loro fratelli, nonché i pellegrini che andavano a visitare il santo Sepolcro; questi Cavalieri erano anche incaricati di riscattare gli schiavi, o allo scambio di prigionieri. Il Gran Maestro deputò pure consoli a Gerusalemme, Alessandria e Roma incaricati del patrocinio dei pellegrini.

La lunga permanenza in Europa, ad ogni modo, non lo distolse dal governo di Rodi, dove mandava continuamente una fitta corrispondenza con i suoi ordini. Il 9 luglio 1420 ritornò a Rodi, dove morì l'anno seguente lasciando un Ordine rinnovato, restaurato nelle finanze, con le difese della città e le fortezze dell'arcipelago rafforzate.


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