la Pergamena di Chinon

La pergamena di Chinon originale, un documento chiave perso negli archivi segreti vaticani, è stato ritrovato nel 2002 dalla storica Barbara Frale e pubblicato nel 2007 con tutti i documenti relativi al processo. La pergamena dimostra che il papa Clemente V segretamente assolse definitivamente i capi dell’Ordine. La condanna e la messa al rogo è in realtà una responsabilità del Re Filippo IV di Francia, non del Papa o della Chiesa, a differenza di un equivoco ampiamente diffuso.

Il documento contiene l’assoluzione impartita da Clemente V all’ultimo Gran Maestro del Tempio, frate Jacques de Molay, e agli altri capi dell’Ordine dopo che questi ultimi hanno fatto atto di pentimento e richiesto il perdono della Chiesa; dopo l’abiura formale, obbligatoria per tutti coloro che erano anche solo sospettati di reati ereticali, i membri dello Stato Maggiore templare sono reintegrati nella comunione cattolica e riammessi a ricevere i sacramenti.

Appartenente alla prima fase del processo contro i Templari, quando Clemente V era ancora convinto di poter garantire la sopravvivenza dell’ordine religioso-militare, il documento risponde alla necessità apostolica di rimuovere dai frati-guerrieri l’infamia della scomunica nella quale si erano precedentemente invischiati da soli ammettendo di aver rinnegato Gesù Cristo sotto le torture dell’Inquisitore francese.

Come confermano diverse fonti coeve, il papa appurò che fra i Templari si erano effettivamente insinuate gravi forme di malcostume e pianificò una radicale riforma dell’ordine per poi fonderlo in un istituto unico con l’altro grande ordine religioso-militare degli Ospitalieri.

L’atto di Chinon, presupposto necessario alla riforma, rimase però lettera morta. La monarchia francese reagì innescando un vero meccanismo di ricatto, che costringerà in seguito Clemente V a compiere un passo definitivo durante il concilio di Vienne (1312): non potendo opporsi alla volontà di Filippo IV il Bello, re di Francia, che imponeva l’eliminazione dei Templari, il papa, sentito il parere dei padri conciliari, decise di sopprimere l’ordine «con norma irreformabile e perpetua» (bolla "Vox in excelso", 22 marzo 1312).

Clemente V specifica però che tale sofferta decisione non costituisce un atto di condanna per eresia, al quale non si sarebbe potuti giungere sulla base delle diverse inchieste istruite negli anni precedenti il concilio. Per emettere una sentenza definitiva sarebbe stato necessario infatti un regolare processo, che prevedesse anche l’esposizione delle tesi difensive da parte dell’Ordine.

Ma lo scandalo suscitato dalle infamanti accuse rivolte ai Templari (eresia, idolatria, omosessualità e pratiche oscene) avrebbe dissuaso chiunque, secondo il pontefice, dall’indossare l’abito templare e, d’altra parte, una dilazione nella decisione in merito a tali questioni avrebbe prodotto la dilapidazione delle ingenti ricchezze offerte dai cristiani all’Ordine, incaricato di accorrere in aiuto della Terrasanta per combattere i nemici della fede.

L’attenta considerazione di questi pericoli, unitamente alle pressioni di parte francese, convinsero il papa a sopprimere l’Ordine dei Cavalieri del Tempio, così come in passato, e per motivazioni di assai minor momento, era accaduto ad Ordini religiosi di importanza ben più rilevante.