1189: la Crociata di Federico Barbarossa
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1190: in viaggio per Philomélium

A Gallipoli 1.500 navi e 26 galee bizantine aspettavano l'esercito della Croce per trasportarlo sulla costa dell'Asia Minore; il passaggio avvenne per le feste di Pasqua e li condusse a Lampsaco (oggi Lapseki). I cronisti della crociata quantificano il numero dei Crociati tedeschi in circa 100.000 uomini, tra i quali un massimo di 20.000 cavalieri, ma è probabile che questa cifra sia stata esagerata.


cavalieri e arcieri selgiuchidi

Da Lampsaco i Crociati cominciarono la loro marcia dirigendosi verso sud. Se nella prima crociata i pellegrini erano stati aiutati dai cristiani del posto, ora nessuno era venuto in soccorso dei pellegrini tedeschi e sia i bizantini che i musulmani fuggivano all'avvicinarsi di Federico Barbarossa; così che in un paese che era a loro sconosciuto, i Crociati tedeschi non avevano guide. L'esercito entrò nella gole delle montagne e, dopo aver camminato per qualche tempo, raggiunse la strada maestra per Iconio ed avanzò verso sinistra, in una regione montuosa ma meno arida. Poi attraversò le città di Pergamo (oggi Bergama) e di Sardes (oggi Izmir).

Il 28 Aprile 1190, partendo da Sardes, i Crociati tedeschi camminarono per undici ore ed entrarono nei territori del Sultanato di Iconio dove già due anni prima il Sultano Qilij Arslan II aveva promesso all'esercito Crociato il diritto di passaggio gratuito e l'accesso ai mercati turchi per comprare il cibo.

Nel frattempo Qilij Arslan aveva trasferito ai suoi figli gli affari di governo e il maggiore di essi, Qutd-ad-Din, aveva fatto con Saladino un'alleanza contro i Crociati. Così, anche se gli ambasciatori Qilij Arslan II che avevano raggiunto Federico Barbarossa a Gallipoli parlavano continuamente dell'amicizia del Sultano, piccole bande di cavalieri e arcieri Turchi Selgiuchidi attaccarono più volte i crociati durante il loro viaggio nelle regioni montuose dell'Anatolia centrale.

Durante questi scontro il Duca Federico VI di Svevia e molti soldati vennero feriti, inoltre vennero perse molte bestie da soma con tutto quello che trasportavano. Quanti più Turchi Selgiuchidi venivano uccisi, tanti altri ne apparivano. A questo si aggiungeva anche il caldo e la mancanza di cibo e acqua, che facevano molte vittime tra i Crociati ed i loro animali.

Raggiunto il valico di Myriokephalon, Federico Barbarossa temeva di subire in un agguato dei Turchi Selgiuchidi, così che decise di percorrere i ripidi sentieri delle montagne per aggirarli. Obbligato a camminare in fila indiana tra le montagne, l'esercito Crociato divenne però molto più vulnerabile agli attacchi del nemico.

1190: la Battaglia di Philomélium

Il 7 Maggio 1190 l'avanguardia dell'esercito crociato raggiunse l'altopiano di Philomélium (oggi Aksehir) dove piantò le tende. Quando l'esercito dei Turchi Selgiuchidi guidato da Kaykhusraw I, figlio del Sultano di Iconio, si avvicinò al campo per dare battaglia.

I cavalieri Turchi ricoprivano la pianura numerosi come le cavallette. Gran parte dell'esercito crociato era ancora a molte miglia di distanza e tra questi vi era Federico Barbarossa. La battaglia che ne scaturì fu quindi condotta da suo figlio, il Duca Federico VI di Svevia e da Bertoldo IV d'Andechs, Duca di Dalmazia e di Merania.

L'esercito Crociato era completamente esausto a causa della marcia estenuante e delle privazioni, inoltre la maggior parte dei cavalli erano morti lungo la strada. Fortunatamente i Crociati avevano il vento e la sabbia alle spalle, mentre i Turchi Selgiuchidi ne venivano quasi accecati.

I Crociati indossavano armature pesanti e si strinsero in una formazione serrata, proteggendosi con gli scudi, così da essere quali immuni alle frecce dei Turchi Selgiuchidi.

All'attacco della cavalleria nemica, i Crociati, dimenticando la fame e la sete, combatterono duramente, ma sempre disciplinatamente uniti, vanificando così i ripetuti attacchi dei Turchi Selgiuchidi.

I Turchi Selgiuchidi attaccarono l'esercito Crociato più volte senza successo, ma alla fine dovettero riconoscere la loro posizione sfavorevole e furono costretti a ritirarsi dal campo di battaglia con pesanti perdite.

Un cronista tedesco scrisse che i Turchi Selgiuchidi morti furono 4.174 Quel giorno un pellegrino giurò di aver visto San Giorgio che combatteva alla testa dei Crociati. Gli stessi musulmani dissero di aver visto nella mischia un cavaliere vestito di bianco e su un cavallo bianco.

I crociati erano oramai stremati dalla fame e dovevano procurarsi il cibo a qualsiasi costo. Erano accampati sotto le mura di Philomélium e Federico minacciò di attaccare la città, ma i suoi consiglieri lo frenarono, dicendogli che la città era piena di reliquie e cose sante e che questa era l'ultima città cristiana prima di raggiungere il territorio dominato dai Turchi Selgiuchidi di Iconio.

1190: in viaggio da Philomélium a Iconio

Il giorno dopo i Crociati arrivarono a Laodicea al Lico (oggi Denizli), per poi riprendere la marcia affamati e senza passare un giorno senza combattere. I cristiani erano sempre vittoriosi, ma le vittorie non davano loro né fama né bottino, lasciandoli in preda a tutte le loro miserie: quando non si difendevano dal nemico, erano alle prese con la fame e la sete.

Attraversando l'orribile deserto i Crociati cominciavano a disperare, quando Dio inviò loro un aiuto inaspettato. Un turco caduto nelle loro mani venne portato da Federico, il quale gli promise di lasciarlo vivere se avesse guidato l'esercito fuori dai quei luoghi deserti e invalicabili.

Il turco consigliò di prendere il sentiero a sinistra di Susopolis, perché il paese, anche se montuoso, avrebbe offerto ai Crociati ricche campagne. Così che il turco, con una catena al collo e ben sorvegliato, si mise alla testa dell'esercito, guidandolo di città in città sino a raggiungere il territorio di Iconio (oggi Konia), dove i Crociati trovarono sorgenti e ruscelli; così che finalmente si poterono dissetare.


Federico Barbarossa

Sulla strada per Iconio il Duca Federico aveva incontrato il suo ambasciatore Gottfried von Wiesenbach, che era stato inviato dal Sultano di Iconio l'anno prima. Questi riferì che l'esercito del Sultano, in vista del l'esercito Crociato, si era rifugiato nella cittadella della città assieme a quasi tutti i cittadini che si erano portati appresso i loro tesori e cibo abbondante.

Proseguendo il loro faticoso cammino attraverso le montagne dell'Anatolia, con grandi difficoltà e privazioni e ancora costantemente perseguitati dai Selgiuchidi, i Crociati di Federico Barbarossa raggiunsero la città di Iconio il 17 maggio 1190 e si accamparono nei giardini del Sultano alle porte della città.

I Crociati in quel momento avevano pochissimi cavalli e animali da soma, perché o erano stati uccisi durante le scorrerie dei Turchi Selgiuchidi o li avevano abbattuti e macellati per la fame loro stessi.

Quando i pellegrini si avvicinarono alla città, Kaykhusraw I, figlio del Sultano di Iconio, inviò i suoi rappresentanti che chiesero 3.000 monete d'oro per consentire il passaggio. A loro Federico rispose: “Non è mio solito comprarmi la strada con l'oro, ma la apro con il ferro e con l'aiuto di Nostro Signore Gesù Cristo, del quale tutti noi siamo soldati”.


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