le invasioni dei Mongoli
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Ögedei Khan doveva governare un Impero composto di molti altri grandi Imperi; i suoi fratelli e nipoti erano al comando degli innumerevoli eserciti che avevano soggiogato la Cina e la Corasmia e governavano in suo nome dei regni dei quali appena conosceva l'estensione; ognuno dei suoi luogotenenti era più potente dei maggiori Re della terra e tutti gli obbedivano come schiavi.

Forse fu allora la prima volta che si videro dei conquistatori mantenere fra loro la concordia e tale unione fu la rovina generale di tutti i popoli dell' Asia. Il Turkestan, la Persia, l'India, le provincie meridionali della Cina che non erano state interessate dalla prima invasione, tutto quanto rimaneva dell'Impero degli Abbasidi e di quello dei Selgiuchidi, tutto divenne preda dei successori di Gengis Khan.

Alcuni principi, che in quei tempi di disordini e di calamità erano stati cacciati del loro trono, invocavano il soccorso dei Mongoli e favorivano le loro imprese contro le potenze vicine e rivali, ma subirono tutti una medesima sorte e tutti rimasero schiavi del vincitore.

La conquista delle più ricche regioni dell'Asia aveva entusiasmato talmente i Mongoli, che per i loro capi era oramai impossibile contenerli nei limiti del loro territori e ricondurli alle pacifiche occupazioni della vita pastorale. Così che Ögedei Khan decise di portare le sue armata fino ai confini dell'Occidente.

Nell'anno 1235 i soldati Mongoli ammontavano complessivamente a 1.500.000 uomini; 500.000 uomini, scelti tra i più forti e valorosi, furono destinati per la spedizione in Occidente, mentre gli altri dovevano rimanere in Asia per mantenere assoggettati i popoli vinti e continuare le conquiste cominciate da Gengis Khan.

I Mongoli passarono il Volga e nell'anno 1236, quasi senza ostacoli, entrarono nella Moscovia, che allora era lacerata dalle guerre civili. Trovando poca resistenza, incendiarono la Rus' di Kiev e Mosca e si assoggettarono le più belle contrade del nord della Russia.

Dopo la conquista della Russia, l'esercito Mongolo condotto da Batu Khan, nipote di Gengis Khan, mosse verso la Polonia e i confini del Sacro Romano Impero, rinnovando in ogni luogo le devastazioni degli Unni e di Attila. Sul loro cammino distrussero le città di Lublino e di Varsavia e giunsero sino la mar Baltico.


la battzaglia di Legnica

Il duca di Slesia, i palatini polacchi e l'Ordine Teutonico riunirono tutte le loro forze per interrompere l'avanzata del formidabile nemico, ma invano; nel 1241 i generosi difensori dell'Europa furono sconfitti nelle pianure di Legnica e nove sacchi pieni di orecchie furono spedite a Batu Khan come testimonianza della vittoria delle sue armate.

I Carpazi non furono sufficienti ad arginare la loro invasione: i Mongoli li superarono e raggiunsero l'Ungheria, incutendo il terrore in tutto l'Occidente. La mancanza di mezzi di comunicazione, non permettendo che ognuno avesse notizie precise del percorso che facevano, dava luogo a infinite spaventose ipotesi, dicendo alcuni che erano già penetrati in Italia, altri che facevano delle scorrerie sulle rive del Reno. Ogni popolo se li aspettava addosso ad ogni momento, ogni città credeva di averli alle porte.

Ambasciatori mussulmani mandati dall'Oriente percorrevano le città implorando soccorsi contro un popolo invasore nemico ugualmente della religione di Cristo e di quella di Maometto.


Bela IV

II Pontefice scrisse a Bela IV, Re di Ungheria, per incoraggiarlo alla difesa dell'Europa e comandò ai Vescovi di quel regno di predicare la Crociata contro i Mongoli. Ma quando le lettere del Papa giunsero in Ungheria, la maggior parte di quei prelati avevano già ricevuto la palma del martirio e il Re ungherese, dopo alcune sconfitte, si era rifugiato nelle isole dell'Adriatico.

Così che il Pontefice, vedendo che le armi potevano poco contro le forze dei Mongoli, pensò di convertirli alla religione cristiana e spedì loro un buon drappello di frati francescani e domenicani; ma questi furono ricevuti dai Mongoli con disprezzo e rimandati indietro con l'incarico di riferire al Papa che essi intendevano convertire più efficacemente alla loro fede il “gran prete” dei Cristiani (il Papa), se non andava personalmente a chiedere perdono e a presentare il tributo.

L'Imperatore del Sacro Romano Impero chiese soccorso al Duca del Brabante, al Re di Francia ed al Re d'Inghilterra, mentre il Duca Alberto I di Sassonia annunziava che nel suo ducato e in Boemia si facevano i preparativi per la guerra contro i Mongoli.

Federico II pregò i cristiani di riunire tutte le loro forze contro i Mongoli, descrivendoli come gente mostruosa e deforme che voleva spegnere la fede cristiana e scegliersi gli schiavi fra i Re della terra. Nelle sue esortazioni, l'Imperatore invocò l'aiuto della Germania, dell'Inghilterra, dell'Italia, della Francia e della Spagna, né dimenticò Creta, Sicilia, Irlanda e Norvegia.

Queste lettere accrebbero lo scoraggiamento dell'Occidente, ma la discordia tra l'Impero e la Chiesa occupava tutta la cristianità: i Guelfi, che sostenevano il Papa, preferivano piuttosto essere sterminati dai Mongoli che obbedire a un principe scomunicato.

Il Pontefice per non sembrare indifferente a così gravi calamità, comandò che si facessero dappertutto processioni, orazioni e digiuni e che si aggiungesse alle Litanie questo versetto: “dal furore dei Mongoli, liberaci o Signore”.

1245: la minaccia dei Cumani

La Palestina, minacciata da una nuova invasione, non poteva sperare nell'aiuto degli stati cristiani d'Oriente: i Cumani, un popolo nomade venuto dai confini delle terre dei Mongoli e molto più feroce dei Corasmi, facevano le loro scorrerie e devastavano le rive dell'Oronte ed il Principato di Antiochia; il Re di Armenia temeva contemporaneamente i Mongoli ed i Turchi dell'Asia Minore; il Regno di Cipro, lacerato dalle fazioni e dalla guerra civile, era senza difesa contro le scorrerie dei musulmani di Siria e di Egitto.


costume e armi Cumane

Tutta la speranza dei Cristiani di Palestina si ancorava dunque nei soccorsi dall'Occidente, sperando che le loro difficoltà in Europa avrebbero generato una nuova Crociata in Terra santa.

Nell'anno 1244 Valerano, Vescovo di Beirut, era stato spedito in Occidente per sollecitare la protezione del Papa e i soccorsi dei Principi. II Pontefice promise di soccorrere la Terra Santa, ma l'Occidente era pieno di turbolenze e di divisioni; la contesa in tra la Sede Apostolica e l'Impero si faceva di giorno in giorno più accanita e feroce.

L'Imperatore Federico II non tralasciava alcuna violenza che potesse fare alla corte Romana ed ai suoi partigiani ed il Pontefice dall'altra parte non smetteva di stimolare la sua ira con sempre nuove offese scagliandogli contro i Principi.

Anche i Latini di Costantinopoli versavano in estremo pericolo e né il soccorso dei fedeli, né il valore di alcuni guerrieri d'Occidente bastavano a difendere l'Impero di Baldovino II di Costantinopoli contro i Greci ed i Bulgari che lo combattevano incessantemente.

Nel medesimo tempo i Mongoli continuavano le loro devastazioni sulle rive del Danubio. Tutti temevano la loro guerra sterminatrice e la pace o piuttosto l'inoperosità nella quale restavano i Re ed i Principi dell'Europa in presenza del pericolo mongolo, poteva sembrare più spaventosa della guerra stessa.


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