1249: la Campagna d'Egitto
(pagina 8 di 16)

Il Re Luigi tentò più volte di riunire le sue genti, ma invano; nessuno dava più retta alla sua voce. Vedendo che nessuno lo ascoltava più, si precipito nella più fitta mischia dei combattenti, dove, quasi solo e diviso dai suoi scudieri, venne circondato da sei cavalieri musulmani, che riconosciutolo per il Re, cercarono di prenderlo prigioniero.


Luigi IX cura i feriti dopo la Battaglia
(dipinto di Jean-Baptiste Ouvenet)

Luigi si difese con maestria e riuscì a sfuggire dalle loro mani. I Crociati che fuggivano, visto quest'atto valoroso del loro Re, accorsero in suo soccorso riuscendo a sostenere l'impeto dei musulmani.

Frattanto il Conte Roberto I d'Artois, chiuso tra le mura di Mansura, disperava oramai di ricevere soccorso, combattendo strenuamente con i musulmani.

La battaglia durò dalle dieci del mattino, fino alle tre del pomeriggio; i più valorosi, pieni di ferite, sfiniti dalla stanchezza e circondati dai corpi morti dei loro compagni, ancora si difendevano, ma a poco a poco furono tutti uccisi.

Cadde il Conte di Salisbury Guglielmo II Longespée con tutti i suoi soldati; Roberto di Vair, ferito a morte, si avvolse nella bandiera inglese e così morì; cadde Raoul II, Lord di Coucy ed infine anche il Conte Roberto I d'Artois fu ucciso. Ancora 1500 guerrieri Cristiani che erano giunti in soccorso a Mansura, vi furono rinchiusi tra le mura e quasi tutti vennero uccisi.

Il Gran Maestro degli Ospitalieri, rimasto solo sul campo di battaglia, fu fatto prigioniero; il Gran Maestro dei Templari scampò come per miracolo e ritornò all'esercito Crociato sul far della notte, ferito nel volto, con le vesti a brandelli e la corazza tutta traforata dai colpi ricevuti. Egli aveva visto la strage e la morte di 280 suoi cavalieri.

La maggior parte di quelli che erano corsi verso Mansura per soccorrere il fratello del Re, anch'essi perirono. Il bravo Guido di Malvoisin giunse fino alle mura, ma non poté entrare nella città. Pietro di Dreux fece incredibili sforzi, per giungervi; udì le minacce, le grida e i tumulti dei quali erano piene le vie, ma non poté abbattere le porte, né scalare le mura.

Ritornò al campo sul far della notte, vomitando sangue in abbondanza; il suo cavallo, trafitto da molte frecce, aveva perso le briglie e la bardatura; tutti i guerrieri che lo seguivano erano feriti; in tale stato si difendevano ancora dai nemici che li inseguivano, colpendo a grandi colpi di lancia quelli che più si accostavano.

1250: la morte del Conte Roberto I d'Artois

Sopravvenne la notte e separò i combattenti. Il Priore dell'ospedale di Rosnay andò a baciare la mano al Re e gli chiese se aveva notizie del Conte Roberto I d'Artois. Il Re rispose: “Quello ne so è che ora la sua anima giunge in paradiso”; poi alzò gli occhi al cielo e proruppe in un pianto. Il priore tacque e i baroni e i signori che erano con il monarca mostrarono i segni di un gran dolore.


il Conte Roberto I d'Artois (dipinto di Henri Decaisne)

Sebbene l'esercito dovesse riconoscere che il suo infortunio era dovuto alla sconsiderata avventatezza del Conte Roberto I d'Artois, nondimeno non si sentì alcun lamento contro di lui. Al tempo delle Crociate si credeva che tutti quelli morivano con le armi in mano combattendo i seguaci di Maometto, fossero enumerati tra i santi martiri, per cui i soldati cristiani non consideravano più il Conte Roberto I d'Artois come l'autore delle loro disgrazie, ma come un soldato di Cristo che si era guadagnato la palma del martirio.

Lo storico inglese Matteo Paris riferisce nella sua storia che la madre del Conte di Salisbury Guglielmo II Longespée avesse visto l'anima di suo figlio ascendere al cielo nel giorno stesso in cui accadeva la battaglia di Mansura. Anche i musulmani avevano simili credenze: coloro che morivano sul campo di battaglia combattendo i cristiani, venivano reputati martiri dell'Islamismo. I Franchi, secondo lo storico arabo Gemal-Eddin, “spinsero l'Emiro Fakhr al-Din Ibn Shaykh al-Shuyukh sulle rive del fiume celeste e la sua fine fu gloriosa e degna d'invidia”.

La storia non ci ha consegnato i nomi di tutti i guerrieri che fecero grandi prodezze nella giornata di Mansura; Jean de Joinville corse gravissimi pericoli e diede prova di altissimo valore assieme ad un drappello di sei guerrieri che tennero un ponte contro una gran moltitudine dei nemici: fu gettato giù da cavallo per due volte e, in così estremo pericolo, il pio cavaliere si rammentò di San Giacomo e esclamò: “Beau sire saint Jacques, je te supplie, aìde-moy et me secours à ce besoing” (Bel signore san Giacomo, io ti supplico, aiutami e soccorrimi in questa necessità).


Luigi IX soccorre un egiziano moribondo

Jean de Joinville combatté tutto il giorno, il suo cavallo ebbe quindici ferite ed egli stesso fu colpito cinque volte. Egli narra che, nelle varie zuffe di questa giornata, vide molti signori fuggire vilmente nella confusione universale, ma non ne nomina alcuno, perché nel momento in scriveva, le persone delle quali parlava erano morte ed egli non riteneva cosa giusta sparlare dei trapassati.

Merita un particolare ricordo Errardo di Severey il quale, combattendo strenuamente assieme ad un piccolo numero di uomini a cavallo, ebbe un fendente di scimitarra sul volto per il quale perse tanto sangue che sembrava molto prossimo alla sua fine.

Ma udendo che i suoi uomini stavano per soccombere, disse loro:
“Se voi mi fate certezza, che né io né i miei figliuoli riceveremo biasimo alcuno, io andrò per voi a chiedere soccorso al Duca Carlo I di Angiò, che vedo nella pianura”.

Tutti lodarono la sua offerta ed Errardo di Severey, spronato il cavallo, attraversò le schiere nemiche, raggiunse il Duca Carlo I di Angiò e con i soccorsi ritornò a liberare i suoi compagni; fatto questo, spirò l'anima.

In questa giornata il campo dei musulmani ebbe diverse sorti: prima fu invaso dall'avanguardia dei Crociati, poi fu rioccupato dai Musulmani; poi ancora, durante la battaglia, rimase quasi abbandonato e venne saccheggiato dagli Arabi Beduini; poi sul far della notte i musulmani si ritirarono a Mansura ed il campo, rimasto vuoto, fu occupato dai cristiani.

Considerando le azioni dell'uno e dell'altro esercito e dei loro capitani, generalmente gli scrittori convengono che nell'avventatezza e nel valore i Francesi non avessero pari; ma che la milizia dei mamelucchi fosse stata molto meglio disciplinata di quella francese e che, nella strategia, i capitani arabi fossero stati molto superiori ai capitani cristiani.

L'orgoglio francese venne molto umiliato, non tanto per la sconfitta, quanto per i danni dai quali si potevano trarre funesti pronostici per il futuro.

Gli Egiziani che durante l'assalto del Conte Roberto I d'Artois, non potendo immaginare che un pugno di francesi fosse tanto pazzo e avventato da assaltare un intero campo dei nemici, pensarono di essere perduti e spedirono al Cairo una colomba con questo messaggio:
“Nel momento in cui vi viene inviata questa colomba, il nemico muove contro Mansura; tra musulmani e cristiani è in atto una ferocissima battaglia”.

Questo messaggio portò molto spavento nel popolo del Cairo, accresciuto poi dalle solite favole che gli oziosi inventano e divulgano in simili circostanze; per cui le porte della città rimasero aperte tutta la notte per poter ricevere i fuggitivi.

Il giorno seguente le cose cambiarono: un'altra colomba annunziò che il Dio di Maometto aveva mostrato la sua giustizia contro i cristiani; cessarono subito i timori e un autore arabo scrisse che “la vittoria di Mansura fu la chiave della gioia per tutti i veri credenti”.

1250: l'offensiva musulmana al campo dei Crociati

Nella notte successiva alla battaglia, i musulmani fecero alcuni tentativi per recuperare il loro campo e riprendere le macchine belliche catturate dai Francesi.

I guerrieri Cristiani oppressi dalla stanchezza, in ogni momento udivano gridare alle armi e i frequenti assalti del nemico non lasciavano tempo al sonno per ristorare le forze dei soldati; inoltre molti erano sofferenti per le loro ferite e potevano a mala pena indossare le corazze; nondimeno si difesero.

Il giorno seguente, che era il mercoledì delle ceneri, i preti celebrarono le cerimonie comandate dalla chiesa per l'apertura della quaresima. L'esercito cristiano passò una parte della giornata in preghiera ed il rimanente tempo ai preparativi per la difesa. In tutti gli animi al fervore religioso si mischiava il sinistro presentimento dell'avvenire.


LA STORIA DELLE CROCIATE LE CROCIATE DEL NORD LA STORIA DELLA RECONQUISTA
I CAVALIERI DEL SANTO SEPOLCRO I CAVALIERI DI SAN LAZZARO I CAVALIERI OSPITALIERI
I CAVALIERI TEMPLARI I CAVALIERI TEUTONICI I CAVALIERI DI SAN TOMMASO I MONACI CISTERCENSI
I CAVALIERI PORTASPADA I FRATELLI DI DOBRZYN L'ORDINE DI SANTIAGO L'ORDINE DI CALATRAVA
L'ORDINE DI ALCANTARA L'ORDINE DI MONTESA L'ORDINE DEL CRISTO L'ORDINE DI SAN BENEDETTO DI AVIS