1200: i preparativi per la Crociata
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1202: il nuovo Trattato con la Repubblica di Venezia

La città di Zara, già in passato soggetta ai Veneziani, si era ribellata per darsi al Re di Ungheria, sotto la cui protezione non temeva le forze dei suoi antichi dominatori. Enrico Dandolo, ottenuta l'approvazione del popolo, propose ai Crociati di aiutare la Repubblica di Venezia a sottomettere la città ribelle, promettendo loro che poi avrebbe dato seguito alla piena esecuzione del trattato.


il Cardinale Pietro Capuano

La maggior parte dei Crociati accolsero volentieri la proposta del Doge; altri Crociati erano contrari, ricordando il giuramento fatto di combattere contro gli infedeli e ritenendo indegno volgere verso dei cristiani quelle armi che avevano destinato allo sterminio dei Turchi.

Oltre a questo il Pontefice aveva spedito a Venezia il Cardinale Pietro Capuano, per scoraggiare i pellegrini da quell'impresa che reputava sacrilega e ricordando che il Re d'Ungheria, che proteggeva Zara, aveva preso la Croce e che quindi veniva ad essere sotto la speciale protezione della Chiesa. Per cui assaltare una città del Regno d'Ungheria era lo stesso che muovere guerra alla Chiesa medesima.

Enrico Dandolo sosteneva il contrario, cioè che i privilegi dei Crociati non potevano estendersi alla protezione dei colpevoli, esentandoli dalla giustizia delle leggi divine ed umane; che le Crociate non erano state instituite per fomentare l'ambizione dei principi e la ribellione dei popoli; che la potestà pontificia non si estendeva sopra la legittima autorità dei governi, né poteva impedire ai Crociati ogni impresa giusta come la guerra contro i ribelli e contro i pirati che impedivano la libertà dei mari, recando danno alla Crociata stessa perché impedivano ai pellegrini di andare in Terra Santa.

Infine il Doge propose di prendere egli stesso la Croce e di consigliare i suoi concittadini a seguire i Crociati. Quindi, convocato solennemente il popolo, Enrico Dandolo salì sopra la cattedra di San Marco e chiese ai Veneziani il permesso di prendere la Croce, dicendo:
“Signori, voi vi siete obbligati a concorrere alla più gloriosa delle imprese; i guerrieri con i quali avete contratto una santa alleanza, sono tutti uomini famosi per pietà e per valore.
Io, come vedete, sono gravato e vinto dalla vecchiaia e più mi si addice il riposo che le guerresche fatiche; ma la gloria che ci è promessa mi dà coraggio e forza per superare qualunque pericolo e sopportare qualsiasi fatica militare.
Sento quasi un vigore giovanile che mi rianima, sento un forte zelo che mi accende e so che nessun altro avrà la vostra fiducia o vi condurrà con più vostra soddisfazione contro i nemici, di quello che avete eletto a capo della vostra Repubblica.
Se pertanto mi permettete di votarmi al servizio della causa di Cristo e sostituirmi nel governo con il mio figliuolo, verrò con voi e con i pellegrini, per vincere o morire in Palestina”
.

A tale discorso, tutto il popolo applaudì alla decisione del Doge. Enrico Dandolo scese dalla tribuna e fu portato trionfalmente davanti all'altare, dove si fece apporre la Croce sul berretto ducale. Molti Veneziani seguirono il suo esempio e giurarono di offrire vita perla liberazione del Santo Sepolcro.


il Doge Enrico Dandolo parla della Crociata al popolo di Venezia

Così il Doge, ottenuta l'ammirazione dei Crociati, si ritrovò quasi a capo della spedizione e fu subito tanto potente da trascurare l'autorità del Cardinale Pietro Capuano che, parlando in nome del Pontefice, non dissimulava la pretesa di voler essere lui a capo della guerra santa come vicario della Santa Sede. Enrico Dandolo disse schiettamente al Cardinale che l'esercito cristiano aveva capi sufficienti per condurlo e che i Legati del Sommo Pontefice dovevano esser contenti di essere da esempio ai Crociati con la loro santa vita e con le esortazioni al ben fare.

Così la Croce divenne segno di saldissima confederazione tra Veneti e Franchi, tanto che parevano esser divenuti una sola nazione; i baroni e i cavalieri dimostrarono nella spedizione di Zara il medesimo zelo e valore che avrebbero dimostrato contro i musulmani.

1202: il messaggio del Principe Alessio

L'esercito Crociato stava sul punto d'imbarcarsi, quando accadde che Isacco II Angelo, Imperatore di Costantinopoli, era stato detronizzato dal suo fratello Alessio III Angelo, abbandonato da tutti gli amici, accecato e imprigionato. Suo figlio, anche lui di nome Alessio, era stato imprigionato con il padre ma, ingannate le guardie, era riuscito ad evadere e fuggire in Occidente, sperando che i Principi ed i Re avrebbero preso la sua difesa e si sarebbero mossi in armi loro contro l'usurpatore.


il Principe Alessio

Filippo di Svevia che aveva sposato Irene, figlia di Isacco II Angelo, ricevette nel suo Stato il giovane Principe Alessio, ma non potendo fare niente per lui perché era in guerra contro Ottone IV di Brunswick e doveva difendersi anche dalle minacce della Santa Sede, consigliò al principe bizantino di andare ad implorare aiuto al Papa Stesso.

Mai il Papa, o perché aveva in antipatia il giovane Alessio perché era il cognato di Filippo, o perché non voleva avere a che fare con una faccenda che lo avrebbe distolto dalla Crociata, non lo accolse benevolmente neppure a parole. Il principe bizantino si rivolse allora agli altri principi cristiani, i quali gli consigliarono di raccomandarsi ai Crociati.

Allora Alessio inviò i suoi ambasciatori a Venezia, dove la storia delle sventure di suo padre Isacco II Angelo commosse fortemente i cavalieri e i baroni ed esaltò il loro pensiero che non si potesse presentare loro una causa più gloriosa da difendere.

Enrico Dandolo più di ogni altro aveva il desiderio di intervenire e i Veneziani assecondavano in tutto il suo desiderio, anche perché un altro motivo spingeva i Veneziani, cioè il fatto che l'usurpatore si era alleato con i Genovesi ed i Pisani con grave danno per i commerci della Repubblica di Venezia.


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