1185: il Regno di Baldovino V

Il brevissimo regno di Baldovino V

Il 16 marzo 1185 il Re di Gerusalemme Baldovino IV morì. Secondo i suoi desideri, gli doveva succedere al trono Baldovino V, il giovane figlio di Sibilla, con Raimondo III di Tripoli a fare da reggente, mentre il prozio del ragazzo, il Conte Joscelin III di Edessa, avrebbe agito in qualità di Tutore.


Baldovino V e la madre Sibilla

Baldovino IV aveva appena chiuso gli occhi, che subito la discordia nel Regno di Gerusalemme crebbe senza moderazione. Il Conte Raimondo III di Tripoli voleva immediatamente prendere le redini del governo come reggente del regno, mentre Sibilla voleva dare lo scettro al marito, nonostante ci fosse Baldovino V, figlio della stessa Sibilla ed erede del Re lebbroso.

A peggiorare ulteriormente le cose, c'erano anche i ripetuti attacchi di Saladino alle fortezze di frontiera del Regno, causati anche dall'incapacità diplomatica di alcuni importanti feudatari, come Rinaldo di Châtillon. Erano in molti nel Regno a chiedere alla Cristianità d'Occidente di inviare soccorsi, ma furono ottenuti solo aiuti economici. Quando poi fu inviata una delegazione per domandare all'Europa la proclamazione di una Crociata, essa non ebbe successo.

Poi, nell'estate del 1186 ed in mezzo a queste divergenze, anche Baldovino V, debole e fragile speranza del popolo cristiano, morì improvvisamente a San Giovanni d'Acri. Le sue spoglie vennero deposte nel luogo in cui giacevano le ceneri di Goffredo di Buglione e la sua tomba fu l'ultima tomba reale ai piedi del Calvario.

Era stato convenuto che, qualora Baldovino V fosse morto, il regno poteva essere rivendicato sia da sua madre Sibilla che da sua zia Isabella, i soli figli sopravvissuti di Amalrico I. La successione sarebbe stata decisa da un Consiglio composto dai parenti di Baldovino, dai Re di Inghilterra e di Francia, dall'Imperatore del Sacro Romano Impero e dal Papa. Ma né i sostenitori di Sibilla né quelli di Isabella erano disposi ad accettare un reggente per attendere la decisione del Consiglio.

Allora il Conte Raimondo III di Tripoli, per decidere il da farsi, radunò il Consiglio dei baroni a Nablus, ma all'incontro parteciparono solo i sostenitori di Isabella. Il Patriarca ed il Gran Maestro dei Templari erano invece rimasti a Gerusalemme e riferirono a Sibilla, moglie di Guido di Lusignano, che volevano “incoronarla a dispetto di tutta la nazione”.

Sulla base dei loro consigli Sibilla mandò un invito ai baroni riuniti a Nablus perché partecipassero alla sua incoronazione, ma questi rifiutarono, citando gli accordi presi ed il giuramento fatto al tempo del Re lebbroso. Il Patriarca ed il Gran Maestro dei Templari rinviarono i messaggeri ai baroni, dicendo che non intendevano prestare fede al giuramento e che quindi avrebbero incoronato Sibilla.


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