dal 809 al 824


809: Il Conte Aznar Galíndez d'Aragona

Nell'809, alla morte di Aureolus, primo Conte d'Aragona, Aznar Galíndez ricevette dal Re Ludovico il Pio il titolo di Conte d'Aragona, come vassallo dell'impero dei Franchi, con dominio su tutta la valle del fiume Aragón.

Durante il suo Governo si alleò con i Baschi per combattere i Banu Qasi nella valle dell'Ebro. Come conseguenza di questa guerra, fu deposto da suo genero, García Galíndez “il Malvagio” e fu esiliato dall'Aragona.


809: La terza spedizione di Ludovico il Pio

Nell'809 ci fu la terza spedizione, comandata ancora da Ludovico il Pio, mentre il Conte Berà di Barcellona era tra gli altri comandanti. L'esercito dei Franchi mise sotto assedio la città di Tortosa, ma un attacco delle truppe di Al Andalus condotte da Abderramán II, figlio dell'Emiro Al Hakam I, sconfisse le truppe dei Franchi costringendo Ludovico il Pio a ritirarsi.

Nell'811 fu organizzata un'altra spedizione a cui però il Conte Berà di Barcellona non partecipò; l'assedio di Tortosa si protrasse per quaranta giorni, e alla fine la città si arrese, entrando così a fare parte della marca di Spagna.


816: La tregua tra Franchi e musulmani

Nell'815 i musulmani attaccarono Barcellona; ma un'armata reclutata da Berà costrinse l'esercito di Al Andalus a ritirarsi. Nel novembre dell'816 il Wali di Saragozza si recò ad Aquisgrana e negoziò una tregua di tre anni.

Durante la tregua i Franchi subirono delle sconfitte sia a Pamplona che in Aragona. Berà, che sosteneva la tregua con l'Emirato di Cordova, venne accusato dal partito avverso, detto dei Bellicisti, di essere il responsabile di queste sconfitte.


816: La Battaglia di Pancorbo

Nell'816 il generale musulmano Abd al Karim diresse un'incursione nel Regno di Pamplona. Là le forze musulmane saccheggiarono la valle di Oron. Balask al-Yalasqi (Velasco el Gascón), governatore di Pamplona per conto di Ludovico il Pio, supplicò di intervento del Regno delle Asturie.

Quando le forze dell'Emirato tentarono di attraversare il passo di Pancorbo, scoppiò la battaglia, che durò tredici giorni durante i quali i Baschi difesero i guadi dei fiumi e i burroni, bloccando l'accesso del passo di Pancorbo ai musulmani con trincee e pozzi.

Infine, le forze cristiane e Basche passarono all'offensiva ma, quando cercarono di attraversare il fiume, i musulmani avevano chiuso il passaggio e li massacrarono quasi tutti. La maggior parte delle vitti-me morì per essere caduta delle scogliere che circondavano il campo di battaglia. Con le piogge successive, tutte le opere di difesa dei cristiani anda-rono distrutte, ma anche i musulmani si ritrovarono ugualmente in una situazione difficile e gran parte del loro esercito abbandonarono il campo.

La battaglia concluse con la vittoria di Abd al Karim e fu determi-nante per la rivolta dei Baschi contro Balask al-Yalasqi, consentendo a Íñigo Arista di Pamplona di diventare uno dei principali protagoni-sti della scena politica di quel tempo.


820: García Galíndez “il Malvagio”, Conte d'Aragona

García Galíndez “il Malvagio” nell'820 si era schierato con la potente famiglia dei Banu Qasi per combattere i Baschi con cui si era alleato suo suocero Aznar Galíndez. A seguito di questa guerra, Aznar Galíndez perse l'Aragona, fu deposto e García Galíndez divenne il Conte d'Aragona.

Nell'825 García Galíndez ripudiò sua moglie per risposarsi subito dopo con Nunila, figlia del Re di Pamplona Íñigo I Arista che lo aveva aiutato a difendersi da Aznar Galíndez.

García Galíndez “il Malvagio” forse morì nell'833, ma molto più probabilmente si ritirò, lasciando il governo al figlio


820: Il Conte Rampò di Barcellona

Nel febbraio 820 il Conte Berà di Barcellona, accusato di infedeltà e tradimento, fu convocato ad Aquisgrana dove fu condannato a morte. Ma Ludovico il Pio, divenuto Imperatore, commutò la sua pena in esilio, che Berà scontò nella città di Rouen, dove morì nell'844.

Dopo la deposizione del conte Berà, l'Imperatore Ludovico il Pio mise a capo della Contea di Barcellona il Conte Rampò, il quale fu confermato anche nel titolo di Marchese, perché le sue Contee erano al confine con Al Andalus.

Nell'821 il Conte Rampò di Barcellona ricevette da Ludovico il Pio l'ordine di attaccare e saccheggiare i territori musulmani; ordine che eseguì nel corso dell'822, assieme ad Aznar I Galíndez, Conte di Cerdagna e di Urgell e al Duca di Guascogna Aznar I Sanchez, attaccando in direzione del fiume Segre.

Rampò morì nell'825 lasciando il titolo vacante per alcuni mesi, quando nell'826 fu sostituito da Bernardo di Settimania, fratello minore di Berà.


822: La morte dell'Emiro Al Hakam I

Gli ultimi giorni dell'Emiro, rinchiuso nel suo palazzo sotto la protezione dei suoi fedeli "muti", furono cupi e tristi. Si preoccupò che il problema della successione trovasse una soluzione secondo il suo piacimento e proclamò come erede il suo primogenito e favorito tra i suoi figli, Abderramán.


moneta di argento emessa durante l'emirato di Al Akam I

Quando morì, nel 822, la Spagna fu attraversata da un senso di sollievo. Tuttavia gli storici arabi trattano con gentilezza questo monarca. In un poema non privo di forza espressiva, venne scritto: "Come il sarto che usa l'ago per cucire i pezzi di stoffa, si è servito della spada per mettere insieme le province disunite".


822: L'Emiro Abderramán II

L'Emiro Abderramán II (Abderramán ibn Al-Hakam ibn Hisam ibn Abderramán Abu Mutarrif) regnò nel periodo più felice di tutto il periodo degli Omayyadi di Al Andalus e il suo Regno è, di gran lunga, il meglio documentato di tutta la storia di Al Andalus.

Quando l'Emiro Al Hakam I si rese conto che la sua fine si stava avvicinando, fece chiamare suo figlio Abderramán II, lo insediò nell'Alcázar, lasciando gli affari del Regno nelle sue mani. Fece fare anche il giuramento di fedeltà ai suoi sudditi, per garantire una successione al trono senza problemi.


L'Emiro Abderramán II in un francobollo di Spagna

Pochi giorni più tardi, il 22 Maggio 822, l'Emiro Al Hakam I morì e Abderramán II prese il suo posto. Una delle sue prime azioni fu la crocifissione di Rabí, il terribile capo della guardia di palazzo e mano destra di suo padre negli ultimi anni del suo governo, che il popolo accusava di tutte le disgrazie che si erano verificate a Cordova in quel periodo, in particolare la dura repressione della rivolta dell'Arrabal. Con questo gesto cercò di ingraziarsi la popolazione e, allo stesso tempo, scaricare le responsabilità su suo padre, indicando Rabí come colpevole degli eccessi commessi dal governo.

Tra gli atti che accompagnavao l'ascesa al trono di un Emiro omayyade ad Al Andalus, ce n'era uno che era diventato quasi un rito: la rivolta del pretendente Abdallah, figlio di Abderramán I, che in passato era salito in armi per rivendicare i suoi diritti contro sia fratello Hisam I e successivamente contro suo nipote Al Hakam. Quando Abdallah seppe della morte di Al Hakam I e l'intronizzazione di Abderramán II, la sua reazione fu automatica; dichiarò di essere in ribellione, occupò la città di Murcia e reclutò un un esercito. Ma questa fu l'ultima volta che il rituale si ripetè. Quando Abdallah stava ascoltando il sermone del venerdì nella moschea, subì un ictus che lo lasciò paralizzato. Si trasferì a Valencia e morì l'anno dopo senza aver riacquistato la mobilità.

La prosperità economica, la relativa pace interna, la fioritura culturale, la crescente attività diplomatica, pongono il governo di Abderramán II in un periodo felice, ma sarebbe ingiusto considerare l'Emiro il solo responsabile di questo clima di benessere, visto che la sua attività fu principalmente quella di lasciare ad altri il compito di guidare la nave dello stato. Comunque Abderramán II non fu in assoluto un Emiro incapace o inoperante, visto che, in certi momenti, dimostrò fermezza e risoluzione ed andò a dirigere personalmente diverse campagne militari. Ma è non meno vero che il suo principale scopo nella vita era di godere di tutti i tipi di piaceri, piaceri entro i quali no c'era la dedizione ai compiti di governo.

La principale passione di Abderramán II era la caccia, ma apprezzava anche la compagnia di poeti, musicisti e cantanti, che formarono una corte culturale abbastanza folle e irriverente, in cui il genere che era coltivato con maggiore zelo era la satira, nelle sue manifestazioni più oscene e crudeli.

Come già detto, l'Emiro in persona diresse molte campagne militari, ma ci furono anche diverse occasioni in cui lasciò le truppe nelle mani dei suoi generali. E ci fu almeno in un caso in cui abbandonò l'esercito spinto dal travolgente desiderio di incontrare una delle sue donne. I piaceri del sesso erano quelli ai quali Abderramán II si dedicava con più entusiasmo e dedizione; sua inclinazione per le donne è ben dimostrata dai suoi cento figli.

In considerazione del carattere e dei passatempi di Abderramán II, non è sorprendente che delegasse ad altri i compiti noiosi o faticosi. Tre furono le persone che alleviarono l'Emiro da queste responsabilità: Nasr, uno dei suoi servitori del palazzo, si occupò della gestione del potere politico; Yahya ibn Yahya, un prestigioso alfaquí, si occupò del sistema giudiziario e Tarub, la sua schiava preferita, regnò nell'Alcázar e nel cuore del sovrano. L'emiro era perfettamente consapevole che era dominato da questi tre personaggi e che in diverse occasioni non si comportavano con giustizia e onestà, ma li lasciò fare fino a quando uno di loro, Nasr, provò a liberarlo definitivamente di tutte le preoccupazioni terrene e l'Emiro dovette reagire e uccidere il collaboratore sleale. Tarub, che con tutta probabilità avrebbe partecipato alla cospirazione, comunque si salvò la vita.