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dal 999 al 1002


999: il Re Sancho III Garcés di Navarra


Sancho III Garcés di Navarra
(dipinto conservato nel Monastero di San Millán de Yuso)

Nel 997 il Re García II Sánchez di Navarra organizzò una spedizione contro i mori dei territori intorno a Calatayud, causando la morte del fratello del governatore musulmano di Calatayud. Almanzor, per vendicarne la morte fece decapitare 50 cristiani.

Il Re García II Sánchez di Navarra morì nel dicembre del 999. Gli subentrò nei titoli di Re di Navarra e Conte di Aragona suo figlio Sancho III Garcés, sotto la tutela della madre Jimena Fernández e di un consiglio di reggenza formato da nobili e dall'alto clero, sino a quando nel 1005 esercitò direttamente il potere.

Il Re Sancho III Garcés di Navarra spostò la capitale del Regno da Pamplona a Nájera ed iniziò subito una politica di scambi politici, religiosi ed intellettuali con il Ducato di Guascogna che, tra i 1021 ed il 1025, lo porterà a creare a nord dei Pirenei, le Contee di Labourd, Bayonne e Baztán.

Il suo regno inoltre coincise con la crisi di Al Andalus causata dalla morte del Visir Almanzor nel 1002 che terminò con la soppressione del Califfato di Cordova nel 1031. Per cui Al Andalus non costituì un pericolo, ma anzi gli permise di ampliare i suoi domini.

Nel 1010 Sancho III Garcés sposò Munia, figlia del Conte Sancho Garcés di Castiglia, avviando così un periodo di buon vicinato con la Contea di Castiglia, che portò nel 1016 la definizione corretta delle frontiere tra i due Stati.

Nel 1017, alla morte del Conte Guglielmo di Ribagorza, Munia, moglie di Sancho III Garcés, fu designata dai nobili della Contea a succedere a Guglielmo di Ribagorza; così che nel 1018 il Re Sancho III Garcés di Navarra inviò le sue truppe ad occupare la Contea di Ribagorza.


999: il Re Alfonso V di León

Nel 999, quando il suo Regno era ridotto alla sola zona costiera della Galizia e delle Asturie, il Re Bermudo II di León morì a causa della gotta, che da tempo lo faceva soffrire.

Alla morte di Bermundo II, salì al trono di León, all'età di cinque anni, suo figlio Alfonso V, che rimase sotto la tutela di sua madre Elvira García e di Menendo II González, Conte del Portogallo.


1000: la battaglia di Cervera

Nel 999 il Conte Sancho Garcia di Castiglia rifiutò di pagare il tributo al Califfo di Cordova e fece un'alleanza con il Re García II Sánchez di Navarra, il Re Alfonso V de León e García Gómez de Carrión, Conte di Saldaña. Subito dopo il Visir Almanzor attaccò la Castiglia e, il 29 luglio del 1000, avvenne la battaglia di Cervera de Pisuerga nei pressi di Espinosa de Cervera, che vide il successo di Almanzor e la sconfitta di del Conte Sancho García di Castiglia e del Conte García Gómez di Saldaña, che l'aveva seguito in battaglia.


Alfonso V del León
(dipinto di José María Rodríguez de Losada)

Il 21 Giugno 1000 l'esercito di Almanzor lasciò Cordova per una spedizione contro la Castiglia. Lo storico arabo Ibn al-Khatib, basandosi sulla testimonianza di suo padre, uno dei combattenti di Almanzor, ci racconta che la campagna militare di Almanzor fu la più intensa e difficile mai combattuta, in quanto tutti i governanti della Spagna cristiana si erano alleati contro Almanzor.

Almanzor attraversò il Duero e invase la Castiglia vicino a Madinat Selim, dove avvistò l'esercito cristiano composto da truppe provenienti da Pamplona e Astorga. Almanzor passò per le fortezze di Osma, San Esteban de Gormaz, e Clunia, che erano state nelle mani dei musulmani per diversi anni. Appena a nord di Clunia fu sorpreso di trovare un grande esercito cristiano. Il Conte Sancho Garcia di Castiglia, che era stato eletto capo di tutto l'esercito cristiano, era era accampato nei pressi del monte di Peña de Cervera, in una posizione centrale, ben situato per le forniture, e inaccessibile a causa della sua geografia. Da Clunia, la guarnigione musulmana più a nord, attraversò Tordómar, Lara e Salas de los Infantes, attraverso la strettoia dello Yecla, che passava attraverso la Peña de Cervera per poi arrivare al bacino del fiume Arlanza.

Ibn al-Khatib ci racconta: “I dispersi avrebbero continuato a non avere i mezzi della protezione di Dio, la perseveranza di Almanzor e la fermezza magnifica con la quale lui lavorò, nonostante la grandezza del suo allarme e la sua confusione prima dello sviluppo degli eventi. Tale stato si riflesse nell'atteggiamento implorante delle sue mani e nella veemenza con la quale lui ripetè l'esclamazione del Corano del ritorno a Dio. Allora la fortuna cambiò, perché Dio aiutò i musulmani con il suo [diretto] aiuto e con gli uomini che seppero resistere. . .”

Secondo Ibn al-Khatib:“i cristiani giurarono solennemente di non ritirarsi dalla battaglia. Almanzor era consapevole della sua posizione svantaggiata, i cristiani avevano un campo più forte e una migliore visuale, con un grande campo aperto davanti a loro, e i suoi visir non erano d'accordo su come procedere. Poi, senza una pianificazione e senza strategia, i cristian scesero sui musulmani ignari e la battaglia presto si trasformò in una mischia generale. Le colonne di destra e di sinistra di Almanzor furono attaccate contemporaneamente e presto arretrarono, spingendo i cristiani a premere ancora più audacemente. La maggior parte della retroguardia musulmana, disorientata dall'attacco disorganizzato e sfiduciata dal risultato, fuggì …”

Almanzor, con la sua scorta, osservava l'azione in cima ad una piccola collina vicino al campo. Mentre stava discutendo se lanciare anche il suo seguito nella lotta, l'ala destra si ruppe, favorendo la confusione. Uno dei segretari di Almanzor gli disse: “Vieni a dire addio, o martire, perché sicuramente oggi si deve morire”.

Ma Almanzor smontò dal suo cavallo ed andò al suo giaciglio, al fine di rafforzare la fiducia di coloro che erano intorno a lui. Fu lì che Almanzor ebbe l'idea di trasferire il campo, dalla depressione poco profonda in cui era, alla collina da dove era stato ad osservare la battaglia. La vista della grande tenda di Almanzor, ora montata sulla collina, demoralizzò i cristiani e incoraggiò i musulmani. Circa 10.000 cristiani fuggirono, molti furono catturati e molti altri uccisi, mentre quel giorno morirono circa 700 musulmani. Il campo cristiano venne catturato e saccheggiato.

Ibn al-Khatib ci dice che il combattente più grande da fu Abd al-Malik, figlio di Almanzor, sottolineando che la sua era una “opinione unanime”, senza alcun favoritismo. Si distinse anche la famosa cavalleria berbera; tra questi, Kayaddayr al-Dammari al-Abra (il lebbroso), un principe della tribù nord africana dei Banu Dammari, che fece decapitare un cristiano portandosi appresso la sua testa. Ibn al-Khatib elogia anche il secondo figlio di Almanzor, Abd al-Rahman, che seguiva il suo fratellastro in battaglia.

Almanzor tornò a Cordova il 7 ottobre, dopo 109 giorni di assenza. Insoddisfatto con il comportamento delle sue truppe a Cervera, a Cordova Almanzor li arringò per codardia.


1002: la Battaglia di Calatañazor

La battaglia di Calatañazor fu una battaglia leggendaria che ebbe luogo, presumibilmente, nel luglio 1002 a Calatañazor, dove l'esercito di Almanzor si scontrò con un esercito di alleati cristiani guidati dal Re Alfonso V di León, dal Re Sancho III di Navarra e dal Conte Sancho García Castiglia.

L'unica citazione della è del XVII secolo, raccontata dallo storico marocchino al-Maqqari, basata principalmente sulla tradizione medievale spagnola. Al Maqqari aggiunge che Almanzor ordinò che un grosso contingente di truppe nord-africana si unisse a quelle di Toledo per effettuare la campagna.


la battaglia di Calatañazor (azulejos in Piazza di Spagna a Siviglia)

Durante la campagna Almanzor cominciò a devastare la Ribera del Duero, prima di andare più in profondità in Castiglia. Ma poi fu sorpreso da un esercito cristiano nel suo campo vicino al castello chiamato “Las Águilas”. Migliaia di musulmani furono uccisi e Almanzor, con il suo seguito, fuggì col favore delle tenebre. Il giorno dopo, all'alba, il Re Alfonso V di León marciò sul campo musulmano, ma lo trovò abbandonato e potè raccogliere un bottino enorme. Il Conte Sancho García Castiglia, dopo aver inseguito i musulmani in fuga, tornò indietro con un gran numero di prigionieri.

La leggenda racconta che il giorno stesso della battaglia, in un'altra parte della Spagna, venne visto un pescatore che esclamò, prima in arabo poi in spagnolo: “a Calatañazor Almanzor perse il tamburo”. Molti musulmani provenienti da Cordova a vedere il pescatore, ma ogni volta che gli si avvicinavano lui spariva davanti ai loro occhi per riapparire altrove, ripetendo la stessa frase. I musulmani pensarono che fosse il diavolo che godeva per il disastro di Calatañazor.

Almanzor si ammalò poco dopo la sconfitta, forse per le ferite ricevute il battaglia, ma continuò a lottare contro la Castiglia fino a quando non fu costretto ad essere trasportato su una lettiga.